Il Sole 24 Ore. «Il 2020, anno dal quale entra in vigore il nuovo Sistema di garanzia per la valutazione dei Lea, coincide con l’esordio della pandemia: a maggior ragione vanno pubblicati al più presto i Livelli essenziali di assistenza raggiunti dalle Regioni. Sull’ultimo biennio infatti c’è un gap informativo enorme per tutte le cure “non Covid” e su quelle aree critiche bisogna intervenire subito». Il presidente di Salutequità Tonino Aceti si dice preoccupato rispetto alla nebbia che avvolge le prestazioni extra-pandemia.
In effetti le Regioni hanno chiesto al ministero di “chiudere un occhio” per gli anni 2020-2021
Non sono d’accordo con la proposta di sostituire la verifica degli adempimenti Lea degli ultimi due anni con una relazione che dia conto a meri fini osservazionali, e non valutativi, delle attività poste in essere. Non si tratta di punire le Regioni, ma di adottare subito un approccio costruttivo per migliorare il Ssn e le cure ai cittadini. Dobbiamo poter misurare i limiti emersi durante il Covid, in particolare in ambiti cruciali come prevenzione e territorio che secondo la nostra elaborazione sono più in affanno. Senza contare che nel sistema di valutazione mancano ancora parametri importanti come l’attuazione del Piano cronicità ancora disatteso.
Quindi quale soluzione?
Per venire incontro alle Regioni si potrebbe evitare di ancorare la quota premiale ai risultati 2020. Ma la valutazione delle performance deve esserci: la legge di Bilancio è alle porte ed è lì che bisognerà metter mano alle criticità del Ssn.
La sensazione è che la partita per il Ssn sia stata già giocata nel Piano di ripresa e resilienza…
Il Pnrr alle cure sul territorio destina sette miliardi. Sembra una grossa cifra ma si ridimensiona, se pensiamo che va spalmata su sei anni mentre la sola spesa privata dei cittadini, secondo le stime della Corte dei conti, supera ogni anno i 14 miliardi tra assistenza domiciliare integrata, visite ambulatoriali, long term care e quant’altro. Ben vengano le strutture progettate dal Pnrr, ma per farle funzionare serve personale che oggi non c’è e che va formato e retribuito. Qui deve intervenire la legge di Bilancio.
Cos’altro va previsto ?
La priorità è un cambio di passo rispetto alla logica della sopravvivenza degli ultimi decenni, che con un miliardo di dotazione l’anno aveva ridotto ai minimi il Ssn. Serve un finanziamento corposo, l’aumento massiccio del personale e misure articolate di contrasto alle liste d’attesa, con meccanismi puntuali di verifica delle Regioni ed eventuali affiancamenti dell’Agenas. E vanno recuperati i tanti cittadini che rinunciano alle prime visite, scoraggiati dal Covid. La lezione non va sprecata: oggi che una pandemia l’abbiamo conosciuta, abbiamo il dovere di alimentare un Ssn per l’ordinaria e la straordinaria amministrazione.