Lavoratori precoci; categorie per l’Ape agevolata, l’anticipo di pensione a costo zero; importo dell’assegno sotto il quale non scattano le penalizzazioni. Sono i tre punti che dividono governo e sindacati, in vista di mercoledì prossimo, quando il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, vorrebbe tirare le conclusioni del confronto.
È una questione di platee interessate alla possibilità di andare prima in pensione (da 63 anni d’età, grazie all’Ape) e di spesa pubblica. I sindacati premono per aumentare i beneficiari, il governo per delimitarli. Lo stanziamento per il 2017 per tutto il pacchetto previdenziale (compreso il potenziamento della quattordicesima, le ricongiunzioni gratuite, l’aumento della no tax area) sarebbe di 1,8 miliardi. Per i sindacati sono necessari almeno 2,5 miliardi.
Precoci
Sono chiamati così coloro che hanno cominciato a lavorare prima dei 18 anni d’età. Prima della riforma Fornero potevano andare in pensione con 35 anni di contributi, indipendentemente dall’età. Adesso invece, devono lavorare almeno 42 anni e 10 mesi (un anno in meno se donne). Cgil, Cisl e Uil chiedono che per i precoci sia possibile andare in pensione dopo 41 anni di lavoro. Il governo lo esclude, perché i beneficiari di una simile misura sarebbero circa 80mila e bisognerebbe stanziare un paio di miliardi solo per loro.
Si studiano allora soluzioni di compromesso. Per esempio, un bonus di due mesi per ogni anno prima dei 18. Quindi se uno ha cominciato a lavorare a 17 anni uscirebbe con 42 anni e 8 mesi. Se a 16 anni a 42 anni e 6 mesi e così via. Un’altra ipotesi consente l’uscita con 41 anni di contributi solo a chi ha cominciato a lavorare prima di 16 anni (ma costa ancora molto). Infine, e sembra questa la soluzione preferita dal governo, i precoci verrebbero ammessi all’Ape agevolata una volta raggiunti i 41 anni di lavoro, cioè all’anticipo di pensione sotto forma di prestito da restituire a rate in venti anni sulla pensione regolare.
Categorie agevolate
Sono quei gruppi di lavoratori che, fino a un certo importo di pensione (il governo ipotizza 1.500 euro lordi, cioè circa 1.200 netti), potranno chiedere l’Ape senza subire penalizzazioni, perché la rata di rimborso del prestito sarà interamente compensata dallo sgravio fiscale, cioè dallo Stato. Sul fatto che tra le categorie agevolate vi debbano rientrare i disoccupati senza più ammortizzatori sociali e i lavoratori disabili o con disabili a carico sono tutti d’accordo. I problemi cominciano quando si tratta di definire anche la categoria dei lavoratori che svolgono mansioni particolarmente gravose, che anche loro non dovrebbero subire penalizzazioni. Dovrebbe essere l’Inail a individuarla. I sindacati danno già per acquisito l’ingresso di operai edili, personale delle sale operatorie, macchinisti e maestre d’infanzia. Ma, anche qui, le platee potrebbero essere troppo ampie rispetto alle limitate risorse del governo.
L’asticella dell’Ape
Come detto, fino a 1500 euro lordi l’anticipo di pensione per le categorie agevolate dovrebbe avvenire senza penalizzazioni. Ma Cgil, Cisl e Uil premono per alzare l’asticella a 1.650 euro lordi. Altrimenti, dicono, una parte importante degli operai del Nord resterebbe fuori. Il governo resiste. «Dobbiamo fare i conti», dice Poletti che per il 21 preannuncia una atto di «sintesi» del confronto. Non ci sarebbe un accordo formale, dunque. Soprattutto se non verranno sciolti questi nodi. Cisl e Uil preferirebbero l’intesa. Anche perché, osserva Domenico Proietti (Uil), «vincolerebbe il governo a rispettare gli impegni presi, evitando sorprese in Parlamento».
Enrico Marro – Il Corriere dellla Sera – 15 settembre 2016