Si farà ma solo dopo i Lep che per ora sono senza fondi. Pd e M5S: “Un becero baratto”
Repubblica. Sull’autonomia c’è l’accordo nella maggioranza, ma ha un sapore amaro per la Lega, che è costretta ad accettare le condizioni poste da Fratelli d’Italia. Roberto Calderoli, il ministro dell’Autonomia, sorvola sulle zeppe piazzate dai meloniani e che rischiano di fare andare fuori strada il “federalismo à la carte” dei leghisti. Si limita a dire: «Il trenino delle riforme mi pare che vada. Siamo a un pezzo dell’autonomia differenziata, c’è anche il premierato all’esame della commissione Affari costituzionali ». A riprova che la riforma che tanto sta a cuore a Giorgia Meloni — il premierato — e quella su cui Matteo Salvini si gioca il tutto per tutto — l’autonomia — si tengono. Stanno procedendo insieme: il premierato discusso in commissione da ieri, l’autonomia al voto dell’aula di Palazzo Madama per poi passare velocemente alla Camera e diventarelegge prima delle europee. La corsa è iniziata.
«Un becero baratto tra FdI e Lega. Questo è un governo anti meridionalista, l’autonomia spacca un Paese che ha bisogno di essere ricucito »: è l’accusa di Elly Schlein. Denuncia Giuseppe Conte: «Meloni sta svendendo il Sud per accontentare Salvini, ma il disegno di legge Calderoli è un disastro per l’Intero Paese». «È il frutto di uno scambio indecente», rincara Nicola Fratoianni. I leader di Pd, M5Stelle e Avs con un gruppo di parlamentari vanno ieri sera in piazza a Roma a manifestare con i “No Autonomia”, la rete di associazioni, sindaci, cittadini che hanno fatto partire un tam tam. Annunciano battaglia e il referendum abrogativo, se il federalismo leghista diventerà legge. Ci sono i sindacati della scuola in piazza. C’è il sindacato dei medici, Anaao, che attacca: «Il percorso verso l’autonomia differenziata comporterà un aumento del divario tra Nord e Sud ed è un siluro contro lasanità pubblica». Sit in in tutta Italia. La tensione cresce nelle piazze e in Parlamento.
A Palazzo Madama FdI l’ha spuntata su un punto importante. Nessuna delle 23 materie devolvibili sarà affidata alle Regioni che ne faranno richiesta, se prima non sono stabiliti i Livelli essenziali di prestazioni (Lep) su tutto il territorio nazionale. «Non ci saranno cittadini di serie A e di serie B», assicura il presidente della commissione Affari costituzionali, il meloniano Alberto Balboni, il vero “marcatore” di Calderoli. Tenta così di respingere i “j’accuse” delle opposizioni di «spaccare l’Italia», di creare un «Paese delle piccole Patrie sclerotizzando le disuguaglianze» e accentuandole. FdI è molto sensibile all’argomento del Sud massacrato dall’autonomia, perché proprio nel Meridione ha la sua roccaforte elettorale. Ma dove trovare le risorse per i Lep resta il rebus. Marcello Pera, ex presidente del Senato, costituzionalista, si lascia andare a unabattuta fuori dall’aula: «Siamo alle grida manzoniane. Si troveranno mai i soldi per tutto questo?».
L’ultimo tentativo di fermare in Parlamento l’autonomia sono le pregiudiziali di costituzionalità presentate dalle opposizioni. Niente da fare. Sono bocciate. Stamani via al voto degli emendamenti, che sono 336. Tra questi c’è appunto l’emendamento- cacciavite dei meloniani. A sottoscriverlo sono Andrea De Priamo, Marco Lisei e Domenica Spinelli. Punta a rendere concreta la sbandierata unità e coesione del Paese, prevedendo «risorse che assicurino i medesimi livelli essenziali delle prestazioni sull’intero territorio nazionale al fine di scongiurare disparità di trattamento tra Regioni». Però ancora si attendeva ieri sera il parere della commissione Bilancio su questa modifica al testo originario. Calderoli si mostra sicuro: «Abbiamo fatto delle limature». Già giovedì o al massimo martedì prossimo, il Senato darà il via libera.