di Giovanni La Banca. Il principio dello scorrimento della graduatoria, nei concorsi per l’accesso alle qualifiche del pubblico impiego, non trova applicazione nelle procedure inerenti le selezioni interne della P.A., atteso che queste ultime non garantiscono l’accesso dall’esterno, con modalità di pubblicità, imparzialità e trasparenza. Così ha affermato la terza sezione del Tar Lazio con la sentenza n. 3131 del 20 marzo 2018.
Il fatto
Con apposito ricorso, alcuni concorrenti, risultati idonei non vincitori all’esito della procedura concorsuale, tutti dipendenti dell’ Inpdap, area B, hanno chiesto l’annullamento, previa sospensione, del bando di selezione interna indetta dall’amministrazione per il passaggio dall’ area B all’ area C, posizione C1, sostenendo che la Pa avrebbe dovuto utilizzare, applicando il cd scorrimento, la graduatoria approvata precedentemente in cui i ricorrenti medesimi erano risultati, appunto, idonei ma non vincitori.
Differenza tra selezione interna e pubblico concorso
Le selezioni interne riservate al personale dipendente dell’Amministrazione, non partecipando della natura pubblica del concorso, che rappresenta il modello generale per l’accesso ai pubblici impieghi, non beneficiano delle prerogative sulla efficacia nel tempo e sulla preferenza dello scorrimento rispetto all’indizione di nuove selezioni, proprie del pubblico concorso.
In materia di accesso al pubblico impiego, il principio della preferenza per lo scorrimento della graduatoria non può applicarsi al caso in cui la graduatoria degli idonei non sia stata approvata all’esito del concorso pubblico, ma di una selezione interna, in quanto la disomogeneità tra i due termini di comparazione (progressione verticale in base a procedura interna e pubblico concorso) non permette di derogare alla regola del concorso pubblico così impedendo il ricorso alla facoltà di scorrimento (art. 97 Cost.).
I principi giurisprudenziali
D’altra parte, l’assimilazione fra le due procedure, è impedita anche dalla Corte costituzionale, laddove, per un verso, ha ribadito il necessario “carattere “aperto delle procedure selettive per l’accesso ai pubblici uffici e, per l’altro, ha affermato che in linea di principio la selezione interna viola il principio di buon andamento della pubblica amministrazione ed arreca grave pregiudizio al principio di efficienza.
La stessa Adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha confermato che ai soli concorsi pubblici si riferiscono le norme da cui essa muove dell’articolo 35, comma 5 ter, Dlgs 165/2001 che ampliano il termine generale di validità delle graduatorie.
Le procedure per il reclutamento per le pubbliche amministrazioni, difatti, sono quelle che “garantiscano in misura adeguata l’accesso dall’esterno”, con le modalità di pubblicità, imparzialità e trasparenza stabilite dal successivo comma 3 dello stesso articolo.
L’articolo 35, dunque, si riferisce alle graduatorie dei soli concorsi pubblici o quelli comunque ad essi riconducibili quanto ai destinatari e alle garanzie.
In tal senso va intesa anche la normativa più recente di cui all’articolo 4 del Dl n. 101/2013 convertito nella legge n. 125/2013, che si riferisce solo alle procedure di reclutamento di cui all’articolo 35.
Ne deriva che non sono applicabili, nella fattispecie inerente ad una procedura selettiva interna, diversa dal concorso pubblico, né i principi relativi all’obbligo dell’amministrazione di motivare la scelta operata tra le due possibili dello scorrimento della graduatoria ovvero dell’indizione di pubblico concorso, né della proroga ex lege di validità delle graduatorie.
La scelta operata dall’Amministrazione di procedere alla indizione di una nuova selezione per il passaggio alla posizione C1, in luogo dello scorrimento della graduatoria riferita alla precedente selezione, è espressione del potere discrezionale riconosciuto alle Amministrazioni Pubbliche e non si pone in contrasto con le disposizioni di legge, non essendo normativamente interdetto all’Istituto di indire nuove selezioni.
Il Sole 24 Ore – 29 marzo 2018