Il riscatto della laurea con importo forfettizzato introdotto dal decreto legge 4/2019 suscita le perplessità dei tecnici del servizio studi di Camera e Senato.
Il meccanismo consente di valorizzare gli anni di studio universitario (laurea e dottorato di ricerca) effettuati dal 1996 in poi pagando il 33% dell’imponibile contributivo minimo previsto per la gestione previdenziale di artigiani e commercianti, e cioè circa 5.240 euro per ogni anno di riscatto. In pratica è stato clonato il sistema, già previsto dall’articolo 2, comma 5 bis del Dlgs 184/1997, riservato a chi vuole riscattare la laurea ma non ha ancora iniziato a lavorare e non è iscritto ad alcuna gestione previdenziale obbligatoria.
La nuova opzione viene concessa fino al compimento del quarantacinquesimo anno di età degli interessati. Come già sottolineato nei giorni scorsi dal Sole 24 Ore (si veda in particolare l’edizione del 23 gennaio), il dossier messo a punto dai tecnici parlamentari sul decreto legge reddito di cittadinanza-pensioni evidenzia l’opportunità di valutare, «anche con riferimento al principio costituzionale della parità di trattamento, le ragioni della diversità dei criteri di calcolo a seconda che il soggetto si trovi al di sotto o al di sopra di una certa soglia anagrafica». In quest’ottica l’eventuale innalzamento del requisito da 45 a 50 anni, che il governo sta valutando di introdurre in fase di conversione in legge, non risolverebbe il dubbio di legittimità costituzionale.
Nel dossier si solleva anche un’altra perplessità, alimentata dal fatto che l’aliquota del 33% è quella dei lavoratori dipendenti, ma il riscatto può essere utilizzato anche da «lavoratori diversi da quelli subordinati» e cioè gli autonomi che hanno aliquote differenti nelle loro gestioni: quella dei commercianti, ad esempio, è il 24%, per la gestione separata del 25,72 per cento. Questi lavoratori, quindi, nel caso di riscatto “ordinario” della laurea vedrebbero tali aliquote applicate alla retribuzione dei dodici mesi meno distanti rispetto alla data della domanda. Con il sistema forfettario, invece, avrebbero l’aliquota del 33% applicata al minimale della gestione artigiani e commercianti.
Tra le novità del decreto legge c’è anche la proroga dell’Ape sociale, la cui sperimentazione avrebbe dovuto concludersi nel 2018 e invece è stata allungata di un anno. «Al riguardo – si legge nel dossier – appare opportuno chiarire se il diritto alla indennità…competa anche ai soggetti che, in possesso dei requisiti per accedere all’istituto dell’Ape sociale al 1° gennaio 2019 abbiano successivamente perso i suddetti requisiti prima della data di entrata in vigore del provvedimento in esame» cioè prima del 29 gennaio.
Su questo tema l’unica indicazione fornita finora è quella contenuta nel messaggio 402/2019 dell’Inps, pubblicato per comunicare la riapertura della possibilità di presentare le domande di verifica dei requisiti per accedere all’Ape sociale. Nel messaggio si legge che la richiesta può essere inoltrata dai soggetti che «nel corso dell’anno 2019 maturano tutti i requisiti e le condizioni previste» dalla legge di Bilancio 2017.
IL SOLE 24 ORE
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