L’INPS, con il messaggio 2243 del 27 giugno scorso, aveva fornito alcuni importanti chiarimenti inerenti al riscatto TFS/TFR per dipendenti pubblici. Il riscatto, anche del TFS/TFR, permette ai dipendenti pubblici di dare valore a periodi di lavoro non coperti da contributi utili. Tale riscatto consente di aumentare l’importo della liquidazione finale o della pensione, compensando eventuali vuoti contributivi. Volendo fornire un servizio più efficace ed adatto ad ogni esigenza degli interessati, l’INPS ha fornito nuovi dettagli sui servizi disponibili. Tra questi si trova la domanda di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex Inadel – Istituto nazionale di assistenza ai dipendenti di enti locali). Altri servizi sono l’eventuale richiesta di anticipata estinzione delle rate residue di riscatto TFS/TFR o la domanda di esonero dal versamento delle rate residue di riscatto (ancora solo per gli iscritti all’ex Inadel). Per il singolo cittadino è possibile effettuare la rinuncia al riscatto TFS/TFR (sia ex Enpas che ex Inadel). Il servizio permette di consultare le domande inviate. Anche in questo caso, sia per gli iscritti ex Enpas che per gli iscritti ex Inadel. Alle aziende datrici di lavoro, inoltre, è permesso effettuare una nuova richiesta per il riscatto TFS/TFR o rettificarne una anteriore già inviata. Anche in questo caso soltanto per le Amministrazioni statali-iscritti ex Enpas. Ed in fine, anche il datore di lavoro può consultare le domande spedite. Sempre solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex Enpas. Come si può notare, le funzionalità presenti, sia per quanto riguarda il singolo cittadino che per quanto riguarda l’ente datore di lavoro, coprono la varietà di diverse situazioni che si possono presentare. In questo modo è più facile andare incontro ad ogni necessità.
Ma se tutto questo è stato dato correttamente possibile da parte dell’Istituto, resta la condizione negativa del grave ritardo con cui il versamento di queste spettanze sono ancora soggette. L’Inps ha, di fatto, posto in aprile, un freno all’anticipo del trattamento di fine servizio per i dipendenti pubblici. Gli statali non hanno più chance di presentazione di nuove domande. L’ultimo giorno utile è stato il 24 aprile 2024, in seguito al quale si è rinviato tutto a “ nuova comunicazione ”. Il motivo di tutto ciò è rintracciabile nel quasi esaurimento delle risorse. Situazione ben delineata dall’Ente di previdenza, che, in un documento, ha dichiarato come la presentazione di nuove domande sia attualmente inibita.
Per i dipendenti pubblici i termini di pagamento e liquidazione Tfr cambiano a seconda delle cause di cessazione del rapporto di lavoro: entro 105 giorni solamente in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso; non prima di un anno se la cessazione avviene per pensionamento e raggiungimento dei requisiti di servizio o per età; non prima di 24 mesi se la cessazione avviene per dimissioni volontarie con o senza diritto a pensione, licenziamento o destituzione dall’impiego.
In una prima fase il legislatore accorgendosi dell’ infelice situazione in cui si erano trovati i pensionandi ha previsto, per costoro, la possibilità di incassare parte della liquidazione mediante un prestito bancario, garantito dallo Stato con un interesse intorno al 2,5 % in parte compensato da uno sgravio fiscale. Prestito che, però, non può superare i 45 mila euro. Dal 1° febbraio 2023 gli ex dipendenti pubblici in pensione potevano, invece, chiedere l’anticipo del Tfs o del Tfr all’Inps a condizioni più vantaggiose. La novità faceva seguito, dopo le vibranti proteste delle categorie interessate, all’approvazione della delibera Inps n. 219/2022 che ha introdotto una nuova prestazione disponibile, in via sperimentale per il triennio 2023-2025, a tutti gli iscritti alla gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali dell’Inps, pensionati o che hanno cessato il rapporto di lavoro e che hanno titolo al Tfr o al Tfs non ancora interamente erogato. La maggior parte degli interessati è riconducibile alla prima voce, cioè si tratta di ex dipendenti pubblici che hanno cessato o cessano il servizio andando in pensione. Sull’anticipazione Tfs/Tfr è stata prevista l’applicazione di un tasso di interesse fisso per l’intera durata del finanziamento, pari all’1%, e una ritenuta dello 0,50% a titolo di ristoro per le spese d’ amministrazione. L’anticipo è disponibile alla condizione che l’interessato abbia confermato ed ottenuto l’adesione al Fondo Credito per il periodo di pensione. Sul punto è bene ricordare che, almeno di regola, l’iscrizione al Fondo è obbligatoria solo per i lavoratori in attività e cessa con la conclusione del rapporto lavorativo salvo l’interessato non comunichi, entro l’ultimo giorno di lavoro, la volontà di proseguirla anche durante il pensionamento. Se non ricorre l’iscrizione del pensionato alla gestione credito l’anticipo del Tfs/Tfr non spetta !
Ma a più di un anno dalla sentenza della Corte Costituzionale che ha censurato la prassi in vigore dal 2011 di pagare con anni di ritardo il Tfs ( trattamento di fine servizio) ed il Tfr ( trattamento di fine rapporto) dei dipendenti pubblici il Governo non ha ancora rimediato al problema. Cosi i sindacati hanno deciso di lanciare una petizione per sollecitare un intervento urgente del legislatore. “ Basta con il sequestro illegittimo delle liquidazioni dei dipendenti pubblici ” protestano Cgil, Uil, Cgs, Cse, Cosmed, Cida e Codirp, lanciando la mobilitazione ed invitando tutti i dipendenti della Pa a sottoscrivere il loro appello. Da più di 10 anni, infatti, la liquidazione di Tfr e Tfs dei dipendenti pubblici, nonostante i ripetuti richiami della Corte Costituzionale, è ingiustamente erogata con modalità differita e rateale con un ritardo che può arrivare anche fino a sette anni. In tal modo i dipendenti pubblici sono discriminati rispetto ai dipendenti privati.
Le sette sigle sindacali ricordano che numerosi disegni di legge sono stati presentati in questi anni da tutte le forze politiche ma non hanno avuto esito. Per questo ora è giunto il momento, affermano, di porre fine a questo sequestro per i dipendenti pubblici per restituire il maltolto e per un minimo di civiltà giuridica ed equità.
Era stato il Governo Monti, dopo la crisi dello spread del 2011, ad autorizzare il pagamento differito del Tfs-Tfr ai dipendenti pubblici per dare respiro alle finanze dello Stato. Ma già nel 2019 una sentenza della Suprema Corte aveva stabilito che fosse sacrificabile il diritto del lavoratore pubblico alla liquidazione solo nei casi di cessazione anticipata dal lavoro. Il 23 giugno dell’anno passato la sentenza n. 130 della Corte costituzionale aveva chiarito, con grande nettezza, che il differimento del pagamento del Tfs è «anticostituzionale» dal momento che contrasta con il principio della giusta retribuzione contenuto nell’art. 36 della Costituzione in base al quale il lavoratore ha diritto a una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del suo lavoro, e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. Secondo i sindacati, che ora tornano all’attacco, il differimento di questi pagamenti si configura come una vera « appropriazione indebita ».
Per il Governo è invece una bella gatta da pelare, che si aggiunge alle altre, tanto più in questa fase con l’Italia sotto procedura di infrazione da parte della Ue per deficit eccessivo. Solo il prossimo anno si prevede infatti che vadano in pensione circa 150 mila dipendenti pubblici e calcolando una media di 70 mila euro ciascuno di buonuscita si arriva ad una spesa di ben 10,5 miliardi di euro tutt’altro che facile da gestire visto che vale quasi come una mezza manovra.