Claudio Testuzza. Per ferie si intendono periodi che spettano di diritto ad un lavoratore. In questi periodi il dipendete non lavora, ma percepisce comunque la retribuzione. La legge stabilisce, pertanto, un periodo minimo di ferie che il dipendente matura nell’anno solare e i termini entro i quali tale periodo deve essere goduto. In tal caso, rientrava la data del 30 giugno 2024, entro la quale il datore di lavoro doveva far fruire al lavoratore le ferie maturate nel 2022 e non ancora godute. Secondo la legge, il periodo di ferie deve corrispondere a 4 settimane in un anno. Eventuali aggiunte al periodo minimo possono essere stabilite dai singoli contratti. Il periodo minimo dev’essere goduto nell’anno di maturazione per quanto riguarda la prima metà, nei 18 mesi successivi per quanto riguarda la seconda metà. Trattandosi di un diritto irrinunciabile, le ferie non godute non possono essere liquidate neanche su richiesta del dipendente. Esistono però due eccezioni : la prima è nel caso della cessazione del rapporto di lavoro; la seconda è nel caso le ferie siano eccedenti il periodo minimo legale. In ogni altro caso, le ferie non godute entro la scadenza legale o il termine più ampio eventualmente previsto dai contratti collettivi, possono essere fruite in un momento successivo, ma di questo monte ore il datore deve calcolare i contributi e versarli all’Inps.
Le 4 settimane di ferie non godute entro le scadenze previste dalla legge non possono essere monetizzate in busta paga, ma devono essere comunque fruite. Il mancato godimento delle ferie entro i termini previsti comporta una sanzione nei confronti del datore di lavoro. Ricordiamo che, tuttavia, una recente pronuncia della Corte di Giustizia Europea (C-218/22 del 18 gennaio 2024) ha aperto una breccia nel muro dell’impossibilità di monetizzazione delle ferie. L’Organismo europeo ha considerato non conforme alle regole comunitarie l’art. 5, comma 8 del decreto-legge n. 95 del 6 luglio 2012, nella parte in cui, per ragioni di contenimento della spesa pubblica, vieta la monetizzazione dei giorni di ferie maturati e non goduti nei confronti del lavoratore che cessa volontariamente dal servizio. Nella stessa sentenza, si fa presente che la monetizzazione non è dovuta solamente quando il datore di lavoro pubblico è in grado di dimostrare, con atti certi, di aver messo in grado il suo dipendente di fruire del dovuto riposo. E proprio sulla scorta di questo indirizzo europeo, la Corte di Appello di Roma ha recentemente ribaltato la sentenza che aveva negato l’indennizzo delle ferie ad un infermiere in pensione, condannando la ASL a corrispondere l’indennità sostitutiva prevista dalla contrattazione collettiva.
Venendo al merito delle così dette ferie forzate occorre fare alcune dovute precisazioni. Quando si parla di ferie forzate è logico chiedersi a chi spetta stabilire questo periodo di assenza dal lavoro. Non è raro, infatti, domandarsi se tale scelta spetti al dipendente o al datore. Innanzitutto, è bene precisare che l’azienda, in caso di ragioni oggettive e apprezzabili, potrebbe stabilire le ferie forzate per i dipendenti. Questo però, in genere, si verifica quando non si adempie all’osservanza delle scadenze normative, oppure per evitare danni o situazioni di pericolo per cose o persone. Tuttavia, all’azienda spetta anche il dovere di prendere in considerazione le esigenze di ogni dipendete.
In merito all’organizzazione delle ferie è bene distinguere tra ferie collettive e ferie individuali. Nel primo caso si fa riferimento al periodo che riguarda l’intera azienda, una sede, un’unità produttiva, un’unità operativa, un singolo reparto, un singolo ufficio o un singolo settore. Anche a fronte di quanto specificato, le ferie collettive si collocano tra Pasqua, Natale ed estate e si possono estendere per una o due settimane. Le ferie individuali, invece, sono quelle concesse ad ogni singolo dipendete dopo specifica richiesta di quest’ultimo. Possono durare anche uno o due giorni e possono interessare qualsiasi periodo dell’anno. Tornando alle ferie collettive, esse coinvolgono un numero considerevole di dipendenti e sono organizzate, di norma, dall’azienda in base ad un piano ferie.
Quest’ultimo e il documento attraverso il quale il dipendete può scegliere il proprio periodo di ferie. Completato il piano ferie, esso è esaminato dalla direzione aziendale e poi approvato con eventuali o necessarie variazioni. Quando, invece, si parla di ferie forzate occorre specificare che esse fanno riferimento ad un periodo obbligatorio. Per garantire un certo benessere aziendale, tuttavia, il datore di lavoro dovrebbe mettere in pratica alcune accortezze come confrontarsi con le organizzazioni sindacali di categoria o comunicare al dipendente la motivazione che conduce al periodo di ferie “ imposto ”. Per quanto riguarda le motivazioni, cui sopra accennato, esse dovrebbero fare riferimento a condizioni oggettive come, ad esempio, rispettare le scadenze di legge. Analogamente un datore di lavoro può sottoporre un dipendete alle ferie forzate per evitare infortuni ed in questo caso si parla, ad esempio, di lavoratori che hanno accumulato troppe ore di straordinario in settimane o mesi. Situazione, questa, che può generare stanchezza mentale e fisica. Ed infine, occorre precisare che esistono condizioni imprescindibili per le quali un datore di lavoro è costretto a somministrare le ferie forzate. In questo ultimo caso si elencano: la chiusura dell’azienda per ristrutturazioni o per lavori strutturali non procrastinabili; la chiusura definitiva dell’azienda ordinata dalle autorità pubbliche; eventi di forza maggiore.
Il Sole sanita