D’altra parte la stretta sul fronte dei ricavi va bilanciata perché gli utili non siano intaccati. La soluzione: agire sui costi. È la strategia più comune, applicata anche a seguito delle tante operazioni di acquisizione che si stanno susseguendo nel comparto. Il risultato è un incremento dei tagli di posti di lavoro nel settore farmaceutico nella prima metà del 2024, con grandi aziende tra cui Bristol Myers Squibb, Bayer e Pfizer che hanno dichiarato migliaia di esuberi.
Il piano di Pfizer
Nell’ottobre 2023, Pfizer ha avviato un piano pluriennale per arrivare a un taglio dei costi di 4 miliardi di dollari entro la fine del 2024. Taglio che passa anche da una riduzione dell’organico, con l’esodo di 500 dipendenti presso la sede di Sandwich (Uk) e la cessione di parti dell’impianto di sviluppo e produzione a Asymchem Laboratories. C’è da attendersi, però, un prolungamento della strategia, dal momento che nel maggio scorso in una comunicazione ufficiale il gruppo ha annunciato un ulteriore riduzione dei costi per 1,5 miliardi di dollari entro la fine del 2027.
I tagli di Bristol Myers Squibb
?Bristol Myers Squibb ha avviato un piano di ristrutturazione che vedrà il taglio di 2.200 posti di lavoro (pari al 6% dell’organico), di cui 860 a Lawrenceville (Usa). L’azienda stima che le uscite faranno risparmiare 1,5 miliardi di dollari all’anno entro la fine del 2025. Il gruppo vedrà la scadenza dei brevetti dei suoi due farmaci più venduti a breve e deve correre ai ripari (Eliquis e Opdivo) e deve correre ai ripari perché la concorrenza dei farmaci generici intaccherà ricavi e utili. Il gruppo sta intervenendo anche sul fronte della ricerca con l’interruzione di 12 programmi, tra cui una versione successiva della immunoterapia Yervoy, e continuerà a rivedere la propria pipeline per il resto dell’anno, ha detto Samit Hirawat, direttore medico di Bristol Myers. La ricerca interna viene sostituita dall’acquisizione di società esterne come Karuna Therapeutics, RayzeBio e Mirati Therapeutics. Le acquisizioni hanno incrementato il debito di Bristol Myers a oltre 55 miliardi di dollari e allo stesso tempo hanno portato il gruppo a rivedere le stime di utile per l’esercizio in corso da un range di 7,10 a 7,40 dollari per un’azione a una forchetta di 0,40 e 0,70 dollari per azione.
Da Novartis a Bayer
Nei primi tre mesi di quest’anno, Bayer ha tagliato oltre 1.500 posizioni per lo più nel management, come parte di un programma di «ringiovanimento» triennale volto a ridurre la burocrazia a fronte delle sfide derivanti dalla scadenza dei brevetti e dalle controversie negli Stati Uniti derivanti dall’acquisizione di Monsanto risalente al 2018.
Novartis prevede di tagliare 680 posti all’interno della divisione sviluppo: circa 440 saranno in Svizzera e fino a 240 negli Stati Uniti nei prossimi due o tre anni. A questi si aggiunge un programma di ristrutturazione che avrebbe un impatto su 8mila dei 78mila dipendenti della società.
Negli Usa, l’azienda farmaceutica giapponese Takeda quest’anno chiuderà un centro di ricerca a San Diego e taglierà posti di lavoro nei siti del Massachusetts. Ha inoltre chiuso un impianto per la terapia genica virale in Austria, con la perdita di quasi 200 posti di lavoro. Nel marzo scorso, poi, Evonik ha dichiarato di aver completato la prima fase di una riorganizzazione con l’obiettivo di tagliare 400 milioni di euro di costi all’anno entro la fine del 2026, grazie anche alla riduzione di 2mila posti di lavoro in tutto il mondo, di cui 1.500 in Germania.
E poi ancora la svizzera Roche ha ridotto di 165 unità l’organico nella sede di Branchburg (Usa); la tedesca Merck ha tagliato il 26% il personale a Billerica e l’11% nella controllata EMD Serono a cui si aggiungono altre 1.100 posizioni in Germania; la spagnola Grifols taglierà 2.300 posti, di cui solo un terzo in Spagna. Una strategia che non conosce differenze geografiche.
Trend confermato nelle biotech
Le dimensioni in termini assoluti sono inferiori, ma se si considerano le percentuali sugli organici le riduzioni nelle biotech sono devastanti. Se nelle big del comparto, come Genentech (- 436 posti a San Francisco) e Amgen (-450 posti) le ristrutturazioni saranno bilanciate magari da future assunzioni di professionalità diverse, nelle realtà minori a volte si rasenta l’azzeramento delle attività: si va dalla liquidazione di ObsEva al -90% dei posti in Synlogic; dal -95% di Allovir al -67% di Akari Therapeutics. In media però le circa 80 società biotech che hanno annunciato riduzioni di organico oscillano fra tagli compresi dal 20% al 35%, con picchi più alti quando i farmaci allo studio non hanno superato la fase tre di sperimentazione. La lista è davvero nutrita e sta mettendo a dura prova il comparto. Chi invece riesce a portare la sperimentazione a termine diventa preda ambita per i grandi gruppi del settore che preferiscono comprare ricerca e sviluppo già a buon punto, piuttosto che investire internamente con tempi incerti. AstraZeneca ha rilevato Amolyt Pharma e Fusion Pharmaceuticals, Gsk ha acquisito Aiolos Bio e Elsie Biotechnologies, J&J ha conquistato Ambrx, Proteologix e Numab Therapeutics, solo per fare alcuni esempi. Non che l’entrare a far parte di grandi multinazionali sia garanzia di conservazione dei posti di lavoro. Tutt’altro: a volte proprio nelle sinergie si nascondono nuovi efficentamenti.