DI MICHELE BOCCI, REPUBBLICA
Misure già previste da anni sbandierate come decisive, moltiplicazione di strutture di controllo e soprattutto zero soldi. Mancano le risorse nel decreto legge-spot elettorale del governo. Nei sette articoli del dl approvato ieri c’è solo la copertura della riduzione della tassazione per i medici che fanno straordinari. Per il resto la battaglia contro il problema della sanità più sentito dai cittadini si combatte senza nuovi investimenti e con poca fantasia.
LA QUESTIONE DEI CUP
Nel dl si chiede la realizzazione di Cup, centri di prenotazioni, regionali e infraregionali, dove siano visibili anche le agende del privato convenzionato.
I Cup regionali erano già stati previsti nel 2018, quando vennero anche stanziati 400 milioni di euro e elencate le modalità di prenotazione (è ancora tutto sul sito del ministero alla Salute). Le Regioni per avere l’ultima tranche di finanziamento, ad ottobre 2021, dovevano tra l’altro dimostrare di avere nei Cup tutte le agende del pubblico e del privato. Tutte hanno detto di essere in regola e incassato i soldi.
CHI NON DISDICE PAGA
Nell’articolo 3 del dl, ha detto Schillaci, si evidenzia l’importanza di disdire le prenotazioni, almeno entro due giorni dall’appuntamento. E chi non si presenta, ha ribadito Giorgia Meloni, paga. Divieto anche di agende chiuse.
Si tratta di misure già indicate nelle linee guida nazionali del sistema Cup, che risalgono al lontano 2009. Ecco un passaggio: «Vanno previste più modalità possibili per la disdetta. Nel caso in cui l’utente non si presenti e non abbia effettuato la disdetta il sistema Cup deve mettere a disposizione le informazioni utili per l’applicazione delle sanzioni pecuniarie previste».
COMPRARE VISITE ED ESAMI
Sempre l’articolo 3 chiede, se i tempi sono lunghi, di garantire la prestazione ricorrendo alla libera professione intramoenia o ai privati accreditati (quindi non solo i convenzionati).
Sarebbe la novità più importante, ma ha un problema: non prevede risorse economiche e quindi non è chiaro come le Regioni dovrebbero pagare l’attività in più. Schillaci ha detto che ci sono ancora soldi non spesi tra i 500 milioni l’anno messi dal governo nel 2022 e 2023 per le liste di attesa. Andrebbero utilizzati quelli. Quei fondi, però, non erano stanziamenti aggiuntivi ma solo una quota riservatadel Fondo sanitario nazionale. E inoltre si diceva alle Regioni che potevano usare i soldi anche per altre voci di spesa. Se anche restassero alcune centinaia di milioni, comunque, sarebbero molto meno del miliardo e 200 milioni che, in base ad alcune stime, servirebbe a finanziare l’attività privata.
WEEKEND DI LAVORO
Le visite diagnostiche e specialistiche, dice il decreto legge, si fanno anche sabato e domenica. Anche per queste attività, già previste daanni e anni da varie Regioni, come Veneto, Emilia, Campania, Lombardia, ci vogliono soldi ma nell’articolo 4 del decreto, che prevede la misura, non ce n’è traccia.
LA SVISTA SULL’INTRAMOENIA
Ancora l’articolo 3: il medico non può lavorare di più in libera professione intramoenia che nel servizio pubblico.
Si tratta di una disposizione presente già nella legge che ha istituito l’intramoenia.
FACILITAZIONI FISCALI
Per lo straordinario svolto per ridurre le liste di attesa ai medici sarà riconosciuto un abbattimento della tassazione al 15%.
Questa misura è l’unica che secondo Schillaci ha una copertura (anche se nelle bozze circolate non ce n’è traccia). Vale 250 milioni.
ADDIO TETTO
L’articolo 5 prevede il superamento dell’antico tetto di spesa per il personale sanitario. Quest’anno si porta dal 10 al 15% del Fondo sanitario e dal prossimo sarà abrogato.
La misura è stata richiesta dalle Regioni ma anche in questo caso non si può non notare che senza nuove risorse le assunzioni avverranno a scapito di altre spese per la sanità. Si toglierà però un alibi politico alle amministrazioni locali che ai sindacati dicevano di non poter assumere a causa del tetto.
LA PLETORA DI COMMISSIONI
Nei primi due articoli si prevede l’istituzione di una piattaforma nazionale per liste attesa presso Agenas, l’agenzia delle Regioni, che serve ad avere i dati regionali. Agenas può fare anche audit dove le cose non funzionano. Inoltre, l’organismo di controllo sull’assistenza sanitaria che dipende dal ministero, il Siveas, può verificare come sono gestite le liste.
Al Siveas si danno un dirigente e 20 funzionari in più. Ma di liste di attesa già si occupano un Osservatorio nazionale di Regioni e ministero, una Commissione per lo studio e il governo delle liste di attesa, istituita da Schillaci a gennaio, un Tavolo di lavoro, sempre nominato dal ministro a febbraio perché stenda un nuovo Piano liste di attesa. Non solo, nel ddl che verrà presentato, ammesso che sia mai approvato, sarebbe prevista pure la nascita del Singla (Sistema nazionale di governo delle liste di attesa) che è pure dotato di una Cabina di regia. Insomma, non si temono i doppioni.