“La questione del cibo è fondamentale per ogni individuo e strategica per la collettività e impone strategie non ideologiche” e “la One Health è il pilastro che deve essere consolidato per reggere ogni strategia che riguardi il cibo“.
Questo il focus dell’intervento del Segretario Nazionale, Aldo Grasselli al Convegno “La nutrizione degli esseri viventi: un grande problema di salute globale (One Health)” organizzato da SItI – Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica in collaborazione con SIMeVeP e SIVeMP, in corso oggi e domani a Bologna.
Grasselli ha analizzato la produzione di cibo, per la quale occorrono agricoltura, zootecnia, industria alimentare e reti commerciali, nel contesto geopolitico contemporaneo influenzato da cambiamenti climatici, demografici e guerre in corso, e proposto alcune riflessioni per le azioni della medicina preventiva One Health:
Se 10 miliardi di persone consumeranno in futuro cibo omologato e uniformato al modello dell’industria agro alimentare occidentale sarà più facile la distribuzione del cibo-commodity ma verranno a galla molti altri problemi.
- Avremo perdita di biodiversità con i rischi conseguenti di basare le diete su monocolture che possono essere massivamente interessate da patologie (vegetali o animali) che determinano perdite gigantesche su scala mondiale. La riduzione della biodiversità equivale a puntare un patrimonio finanziario su pochi titoli. La finanza ci ha insegnato che occorre diversificare i rischi, La biodiversità non è una mozione ideologica, è diversificazione del rischio.
- La costante deforestazione per ottenere terreni agricoli che vengono successivamente sfruttati senza sosta, mentre gli eventi climatici ne danneggiano irreparabilmente altri che vengono abbandonati, avvicina areali selvatici all’uomo comportando un maggior rischio di “spillover” di patologie animali e vegetali, oltre a danneggiare l’equilibrio dell’atmosfera.
- L’aumento delle produzioni zootecniche, oltre ad aumentare il consumo di cereali per l’eliminazione animale comporta una importante dispersione di reflui zootecnici che, soprattutto se contaminati da farmaci e da antibiotici in particolare, non diventano concimi ma inquinanti delle falde acquifere.
- La concentrazione degli allevamenti animali pone problemi etici e sanitari. Il tema del benessere animale, che è una questione morale per alcuni ma è una questione sanitaria per tutti, si scontra con le logiche produttive intensive che in alcuni paesi sono massimizzate senza alcun freno sia per quanto riguarda la salute e il benessere animale sia per quanto concerne la salute degli operatori zootecnici del settore.
- La manipolazione genetica è oggi a portata di ogni industria agro-zootecnico-alimentare. Il mondo scientifico e quello sanitario devono interrogarsi su quali barriere, di ordine squisitamente tecnico scientifico, devono essere poste a tutela della salute unica del consumatore, dell’ambiente, delle piante e degli animali.
- Oltre al problema della produzione sufficiente è evidente la necessità di intervenire sul tema dello spreco di derrate alimentari, attivando politiche di economia circolare e di recupero per la ridestinazione di cibo igienicamente e qualitativamente idoneo.
- Non bisogna dimenticare che il mondo economico finanziario che gravita intorno al cibo esercita una attività di lobby alla quale gli Stati devono poter contrapporre serietà scientifica di giudizio, senza ingenuità e senza conflitti di interesse. Altrettanto stanno facendo organizzazioni che assumono a difesa del benessere animale o del “consumo sano” che ricevono sostegno dall’industria antagonista come quella plant based. Pertanto le istituzioni che regolano i processi decisionali degli Stati in ordine al cibo debbono essere potenziate e adeguatamente innovate, raccogliendo intorno all’interesse collettivo le migliori intelligenze e conoscenze indipendenti.
- Il tema One Health può svilupparsi solo se le professioni che lo compongono saranno capaci di fare massa critica comune, portando i nostri professionisti da una condizione troppo spesso frustrante verso un ruolo più dinamico e di intervento precoce, che spinga i Dipartimenti di Prevenzione verso una nuova stagione di iniziativa proattiva capace di influenzare le scelte della politica sanitaria.