A Cibus, che ieri ha aperto i battenti alla fiera di Parma, il padiglione dedicato ai salumi è il più grande. Qui, del resto, si gioca in casa: dal Prosciutto crudo di Parma al salame Felino, dalla mortadella alla coppa, la salumeria è il cuore della produzione alimentare della Food Valley. A Cibus espongono tutti i grandi nomi del comparto, che dall’allevamento alla macellazione, fino alla trasformazione, in Italia vale 20 miliardi di euro all’anno. La preoccupazione, tra gli stand del padiglione 2, è altissima: se la peste suina si estenderà ancora, quante aziende subiranno la sorte della Felinese? Con il fermo degli stabilimenti e la cassa integrazione dei lavoratori, da allarme sanitario la peste suina rischia di diventare un boomerang sociale.
Per La Felinese, è stata la tempesta perfetta. «Da 15 anni il Canada è il nostro mercato principale – racconta Baratta – tanto che dal 2020 abbiamo anche un socio di minoranza canadese, la Premium Brands Holdind Corporation. Erano pronti anche a investire nella creazione di un nuovo stabilimento in Italia». Soldi canadesi, investimenti esteri diretti nel nostro Paese. La peste suina ha congelato tutto.
Stando alla normativa europea, se tutto andrà bene e nuovi casi di cinghiali infetti non verranno ritrovati nella Zona 2 di sorveglianza di Felino, da quest’area l’esportazione dei salumi verso il Nordamerica potrà riprendere tra 12 mesi. Troppi, per un’azienda che vuole sopravvivere. Così, nella difficoltà è scattata la solidarietà degli altri imprenditori di salumi del territorio, concorrenti inclusi, che si trovano al di fuori dell’area interdetta all’export: «Ci hanno offerto le loro linee per continuare a produrre ed esportare», racconta Baratta. Non è semplice, e in più è costoso, «ma se così riuscissimo a recuperare un 30-40% di quello che non possiamo più lavorare nei nostri stabilimenti, sarebbe già un buon risultato», dice l’ad.
Dell’emergenza peste suina oggi a Parma si discuterà ancora, nell’ambito di una riunione ad alto livello a cui parteciperanno i ministeri dell’Agricoltura, delle Imprese e della Sanità. Ieri invece, durante il convegno inaugurale di Cibus, il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha ricordato che «nel decreto Agricoltura abbiamo previsto l’intervento dell’esercito e della protezione civile per il contenimento della popolazione dei cinghiali. Ma in Europa dobbiamo trovare l’accordo per cambiare il parametro di riferimento in base al quale si blocca l’export: non più la presenza di un cinghiale infetto nel raggio di determinati chilometri, quanto piuttosto il livello di sicurezza sanitaria messa in campo dalle singole aziende». Ed è proprio sul fronte della diplomazia internazionale che La Felinese ripone le sue speranze di sbloccare la situazione: «Le autorità di Ottawa – racconta Irv Teper, il socio canadese dell’azienda – sono al lavoro sul tema e sono ottimista che si possa trovare un punto di incontro».