I dati Covip: nel 2023 saliti a 9,6 milioni i lavoratori iscritti a piani integrativi
Repubbluca— I dati della Covip, la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, dicono che alla fine del 2023 la previdenza complementare italiana contava 9,6 milioni di iscritti, il 4% in più del 2022 e pari al 36,2% della forza lavoro. Francesca Balzani, presidente facente funzioni della Covip, guarda a questi dati con ottimismo, osservando che il sistema «cresce a ritmi costanti».
Intervenendo all’evento di ieri organizzato da A&F a Milano, Balzani non vuole sentire parlare di concorrenza tra sistema pensionistico gestito dall’Inps e previdenza complementare, perché il primo «va per ripartizione e soffre l’inverno demografico », mentre la seconda, «essendo a capitalizzazione, ci mette al riparo da questo rischio». Inoltre, aggiunge la presidente della Covip, la previdenza complementare ad adesione collettiva e individuale (secondo e terzo pilastro) consente nel lungo periodo «di trarre vantaggio da linee azionarie che in questi anni hanno offerto rendimenti migliori rispetto al Tfr», lasciato in azienda.
Con il primo pilastro pubblico che risente sempre più del ticchettio della bomba demografica, diventa quindi importante per i lavoratori di oggi ricorrere a fondi pensione e Pip (piani pensionistici individuali) per integrare le entrate di domani. «Nessuna riforma delle pensioni tiene con la denatalità che abbiamo » aveva messo in guardia la scorsa estate il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Simone Bini Smaghi, vicedirettore generale di Arca Fondi Sgr, parte da queste dichiarazioni per invocare «una operazione verità. Tra 20 anni quale sarà lo squilibrio tra gli occupati che potranno contribuire all’Inps e i pensionati? Il tema dell’informazione è fondamentale».
Ecco che così per Balzani la previdenza complementare può diventare «uno strumento di libertà» nella fase di vita dopo l’uscita dal mercato del lavoro.
Secondo Maurizio Binetti, chief life & savings di Axa Italia, «la consapevolezza che la pensione pubblica non sarà sufficiente a garantire un tenore di vita c’è. Occorre tramutarla in azione, agendo concretamente per il proprio futuro». Per Andrea Novelli, ad di Poste Vita, «favorire la conoscenza dei prodotti di previdenza complementare è cruciale per aiutare i lavoratori a scegliere ». La sensazione di Nadia Vavassori, responsabile fondi pensione aperti di Amundi Sgr, «è che si sappia della previdenza complementare ma che manchi la cultura del risparmio». «Gli italiani – osserva Davide Passero, ad di Alleanza Italia – detengono molta liquidità con una bassa propensione a investire nel lungo periodo. Sono sintomi evidenti della ridotta conoscenza in tema di risparmi e investimenti ». Eppure, come nota l’economista Tommaso Nannicini, tale carenza «ha ripercussioni anche sulle scelte politiche, lasciando spazio a soluzioni di breve respiro».
Tra gli strumenti scelti dal legislatore per spingere il secondo e il terzo pilastro ci sono gli incentivi fiscali, in forma di deducibilità fino a 5.164,57 euro annui. Gli operatori concordano nel chiedere che vengano esclusi da tale soglia i versamenti per i familiari a carico. Balzani propone poi di affiancare all’incentivo fiscale un bonus finanziario, rivolto in particolare ai giovani. Anna Selvaggio, direttrice generale di Fon.Te, ritiene inoltre che «prevedere una forma di semiobbligatorietà (della previdenza complementare) possa garantire regole omogenee sia a chi oggi ha redditi più stabili sia a chi presenta carriere discontinue».