Sono negativi i test per l’influenza aviaria sulla carne venduta negli Usa, ma, per Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia, “è fortemente possibile” che sia questa la prossima pandemia
Sono negativi i test per l’influenza aviaria H5N1 sulla carne venduta nei negozi al dettaglio in Usa. È quanto riferisce il Dipartimento dell’Agricoltura americano (Usda) che, dopo le verifiche sul latte crudo, ha continuato le verifiche in merito all’epidemia di influenza aviaria H5N1 negli allevamenti bovini negli Stati Uniti. Nonostante ciò, secondo Arnaldo Caruso, presidente della Società italiana di virologia (Siv-Isv), “è fortemente possibile” che quella dell’aviaria potrebbe essere la prossima pandemia. In un’intervista all’Adnkronos Salute, non usa mezzi termini sui timori suscitati dall’epidemia. Nella comunità scientifica “la preoccupazione è grande”, spiega l’esperto. “Il passaggio dell’aviaria nei mammiferi e la circolazione in questi animali – avverte – è un passo avanti verso l’uomo”. Lo specialista, ordinario di microbiologia e microbiologia clinica all’università di Brescia e direttore del Laboratorio di microbiologia dell’Asst Spedali Civili, traccia un quadro “forse pessimistico – ammette – ma purtroppo non dobbiamo mettere la testa sotto la sabbia. Bisogna invece essere realisti e prepararsi”, ammonisce Caruso.
Pensando a una futura emergenza pandemica, sottolinea, “il virus aviario è l’unico che preoccupa realmente” per più di una ragione. Innanzitutto, perché “è un virus influenzale che in quanto tale si trasmette per via aerea, la più efficace in termini di contagio”. Il patogeno, poi, è estremamente diffuso: “Lo stanno portando dappertutto le anatre selvatiche, che ormai vediamo anche nelle nostre città, nei nostri stagni, nei nostri corsi d’acqua”. E sta mutando: “Non solo l’H5N1 – precisa l’esperto – ma diversi ceppi di virus aviario si stanno modificando, a livello di più recettori di superficie, per potersi adattare all’uomo. Un salto sempre più facile, dopo che è passato ai mammiferi e tra i mammiferi circola”. Siamo dunque di fronte “non a una aviaria, ma a più aviarie – puntualizza Caruso – che hanno fatto il loro ingresso nel mammifero e sono tutte potenzialmente pericolose per l’uomo. Preoccupano perché la circolazione nei mammiferi indica che il virus sta evolvendo in una direzione chiara: ha imboccato una strada che inevitabilmente, prima o poi – prospetta il presidente dei virologi italiani – porterà all’arrivo nell’uomo il quale potrà diventarne serbatoio e diffusore”. Arriveremo alla trasmissione del virus dell’influenza aviaria da uomo a uomo? “È inevitabile – risponde Caruso – che, quando il virus entrerà più e più volte nell’uomo potrà assumere quella ‘fitness’, cioè quella capacità di adattamento alle cellule umane, che permetterà all’uomo di fare da reservoir e quindi da diffusore per altri uomini”.
Insomma, “la situazione è veramente preoccupante”, è il messaggio. “È indispensabile una sorveglianza stringente, molto attenta e molto pronta”, contro l’influenza aviaria che sta dilagando fra i bovini da latte negli Usa e che la comunità scientifica guarda con timore per la possibilità “forte” che arrivi a causare la prossima pandemia. “Vanno monitorati non solo gli uccelli, come già si fa da tempo, ma anche altri animali e gli alimenti che ne derivano, dal latte alla carne. E bisogna cominciare a fare controlli, magari a campione, anche sull’uomo”. Soprattutto, “bisogna approntare in fretta dei vaccini da poter somministrare all’occorrenza. Non soltanto vaccini mirati al virus H5N1, ma anche ad altri ceppi che stanno passando ai mammiferi”. Riassumendo, esorta il virologo, “dovremmo non solo sorvegliare gli animali, non solo sorvegliare i loro prodotti che vengono commercializzati a fini alimentari, ma anche organizzare un network di controllo della popolazione, anche random, per capire se il virus aviario sta già entrando e circolando in alcune enclavi a livello mondiale, oppure è ancora attesa di adattarsi all’uomo”. Quanto, infine, a oggetti e superfici, “sappiamo che lì il virus non può sopravvivere – rassicura Caruso – Se esposto all’aria, infatti, l’involucro che lo riveste tende a seccare e il patogeno non è più in grado di infettare cellule bersaglio. È inoltre molto sensibile a saponi e detergenti”.
A condividere l’appello della comunità scientifica sono anche Matteo Bassetti, direttore Malattie infettive dell’ospedale policlinico San Martino di Genova e Fabrizio Pregliasco, virologo dell’università Statale di Milano. Per Bassetti, “dobbiamo dire che non esistono prove di trasmissione interumana dell’H5N1 – avverte Bassetti – ma dobbiamo vigilare attentamente e non fare l’errore, fatto altre volte, che, se qualcuno indica l’H5N1 come prossima pandemia subito viene contraddetto. Questo modo non è il migliore, ma lo è – conclude – essere preparati ad affrontare una possibile pandemia conoscendo i farmaci, i vaccini e le misure di contenimento”. Per Pregliasco, “è corretto comunicare quella che oggi è una possibilità senza allarmi, ma come conferma di ciò che il Covid ci ha insegnato, a cominciare dalla necessità di ricordare sempre che la natura, l’uomo, i batteri e i virus sono co-presenti”.
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