Nuovo Piano per la riduzione dei tempi. Lanzarin: «Dal 2023 già scesi». Bigon (Pd): «Basta con i Cup che tengono in sospeso»
Nell’ultimo anno si è ridotto il numero di visite ed esami diagnostici «in galleggiamento», cioè in attesa di una data per la loro esecuzione. Dall’aprile 2023 a oggi 1500 prestazioni di specialistica ambulatoriale con priorità B (da garantire entro 10 giorni) si sono azzerate; le D (30 giorni) sono scese da 82.210 a 13.900, le P (60/90 giorni) da 74.500 sono passate a 28.300. Lo comunica l’assessore alla Sanità, Manuela Lanzarin, che spiega: «Un risultato raggiunto grazie ai 38 milioni di euro corrisposti alle Usl per l’acquisto di prestazioni aggiuntive dal proprio personale e dal privato accreditato, all’affinamento dell’organizzazione, al grande lavoro dei medici. Altri passi avanti arriveranno con l’applicazione della nuova delibera all’attenzione del Consiglio regionale».
«Piano regionale di governo delle liste d’attesa»
Si riferisce all’aggiornamento del «Piano regionale di governo delle liste d’attesa» elaborato dal gruppo di lavoro creato dal direttore generale della Sanità, Massimo Annicchiarico, e che contiene conferme e novità. Resta la possibilità per le aziende sanitarie di prolungare l’apertura degli ambulatori alla fascia serale e al fine settimana, così come vengono confermati l’uso delle apparecchiature per immagini «almeno per l’80% delle loro potenzialità» e appunto il «galleggiamento». Al debutto invece il diktat secondo il quale «almeno il 90% delle prestazioni va soddisfatto entro i tempi previsti da ogni classe di priorità». Il rimanente 10% per le B dev’essere garantito entro i successivi 10 giorni, per le D e le P entro i successivi 30 giorni. L’altra novità richiamata dal Piano, sulla quale l’opposizione e i sindacati insistono da tempo, è l’applicazione della legge 124 del 1998. Finora ignorata dalle Usl, prevede: «Nel caso in cui il sistema non riesca a soddisfare le prestazioni nei tempi previsti, l’azienda sanitaria, su richiesta dell’utente, è tenuta a garantirle in libera professione intramoenia con il semplice pagamento del ticket». E non è finita: qualora non si riescano a smaltire le attese, i direttori generali possono ridurre o sospendere la libera professione del personale dipendente per «convogliare spazi, risorse e attrezzature verso l’attività istituzionale». Per soddisfare le richieste, aumentate del 15%, le Usl devono inoltre gestire agende flessibili, pronte a riutilizzare posti rimasti liberi e a ricorrere all’overbooking, sia nel pubblico sia nel privato accreditato.
I doveri del cittadino
Qualche dovere però ce l’ha pure il cittadino. Primo: se si prenota una visita oltre i termini previsti dal codice di priorità, decade per l’Usl l’obbligo di assicurarla entro il tetto previsto e viene ricodificata come «G2», garantita cioè in tempi più lunghi. Attenzione allora: la ricetta dura 180 giorni. Secondo: le aziende sanitarie sono tenute a esaudire la prestazione il più possibile vicino a casa del paziente (soprattutto per gli over 75), ma se quest’ultimo rinuncia alla prima disponibilità nel suo Distretto per scegliere un’altra struttura, decade il codice e la visita diventa «G2». Terzo: il cittadino deve disdire la prenotazione entro 4 giorni lavorativi rispetto all’appuntamento e ritirare i referti entro 30, altrimenti dovrà pagarne l’intero importo e non solo il ticket. Infine i Cup sono chiamati a ricorrere a sistemi di sbarramento in grado di intercettare eventuali prenotazioni «multiple», cioè fissate in centri diversi da parte di uno stesso utente.
Tutto questo lavoro sarà costantemente monitorato dalla Regione, alla quale dovranno rendere conto i «Responsabili unici aziendali dei tempi d’attesa» nominati con delibera dai direttori generali nell’ambito dei team multidisciplinari, uno per Usl, incaricati di vigilare sulle liste, sull’erogazione delle prestazioni, sull’appropriatezza prescrittiva.
Le rendicontazioni
Entro il 28 febbraio di ogni anno le aziende sanitarie dovranno inviare la rendicontazione alla Regione, che a sua volta invierà il Piano al ministero della Salute entro un mese dalla sua approvazione (sta per passare al vaglio della commissione Sanità). «Il nuovo piano è necessario, ma va adeguatamente finanziato e integrato — dice Annamaria Bigon (Pd), vicepresidente della commissione Sanità — le impegnative dei medici di famiglia nel 2022 sono state 29 milioni, di cui solo 16 milioni esaudite. Il resto è stato soddisfatto a pagamento oppure il cittadino vi ha rinunciato. Deve finire l’epoca in cui i Cup tengono in sospeso i pazienti e, violando la legge, li invitano a richiamare perché le liste sono chiuse. Oppure li costringono ad aspettare mesi, anni, per ottenere la data dell’appuntamento».
Il Corriere del Veneto