Nel disavanzo dello scorso anno ci sono 4,649 miliardi in più di quanto calcolato solo un mese e mezzo fa
C’è un singolare effetto straniante sui lavori delle commissioni Bilancio di Camera e Senato, che in queste ore stanno discutendo un Def cadenzato da cifre già superate dalla realtà. Mentre è in corso la trafila delle audizioni che si concluderanno in serata con l’intervento del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, l’Istat ha pubblicato la notifica dell’indebitamento netto e del debito della Pubblica amministrazione come previsto dalle procedure del Trattato di Maastricht. E dagli ultimi calcoli dell’Istituto di statistica si scopre che il deficit del 2023 non è il 4,3% del Pil come scritto nel Def 2023, non è il 5,3% come previsto dalla NaDef di fine settembre, ma non è nemmeno il 7,2% indicato nel nuovo Documento di economia e finanza proprio ora in discussione alle Camere: nel disavanzo dello scorso anno ci sono infatti 4,649 miliardi in più di quanto calcolato solo un mese e mezzo fa, con il risultato che la ruota si ferma ora al 7,4 per cento del Pil.
Effetto superbonus
Si tratta dell’ennesima novità portata dal Superbonus, e dalla sua “radioattività” sempre carica sotto la cenere dei conti pubblici italiani. Ad aggiornare il dato è stata l’ondata delle centinaia di migliaia di comunicazioni su sconti in fattura e cessioni piovute sull’agenzia delle Entrate entro il 4 aprile scorso. Con il ricalcolo, il disavanzo dell’anno scorso arriva a 154.124 milioni, cioè 4.649 in più di quelli contati il 1° marzo scorso. Certo, con i miliardi che sono volati a decine nel cielo italiano dominato dai crediti d’imposta la novità rischia di passare quasi inosservata, e non cambia più di tanto il quadro di un indebitamento netto che aveva già travolto ogni argine rendendo certa la procedura per deficit eccessivo in arrivo in tarda primavera. Ma è la prima volta che un Def viene superato dagli eventi ancor prima di essere approvato dal Parlamento; e potrà esserlo ulteriormente a breve se Governo e Parlamento sceglieranno la strada della rateazione in 10 anni anziché in quattro dei crediti d’imposta edilizi, con una mossa che cambierebbe profondamente anche la linea del debito abbassandolo nel 2024-26 e alzandolo negli anni successivi.
Il Sole 24 Ore