Sono i dati del Rapporto “La sostenibilità economica degli allevamenti di bovini da latte in Italia. Quanto costa produrre un litro di latte“, curato da Antonio Giampaolo e Stefano Trione con la collaborazione di Ilaria Borri, Francesca Moino e Alessandro Bianchi.
Il Volume fornisce una sintetica retrospettiva di quanto accaduto nel comparto dei bovini da latte a livello europeo e nazionale, confrontando i risultati delle principali variabili strutturali tra il 2012 e il 2021. Dieci anni in cui le trasformazioni hanno determinato una ristrutturazione degli allevamenti e fenomeni di concentrazione dell’offerta.
Il costo di produzione è articolato in tre livelli, rispetto al prezzo di vendita del latte negli allevamenti di pianura e in quelli di montagna e collina, distinti in funzione della dimensione della mandria.
Il primo livello è rappresentato dai costi variabili: pari, secondo la media nazionale, a 27,1 centesimi per litro. Il 53% è destinato all’acquisto di mangimi. Il differenziale (shortfall) con il prezzo di vendita è di 15,3 c/l. Nell’8% delle aziende del campione della RICA italiana, il prezzo di vendita del latte è inferiore al costo di produzione di primo livello.
Al secondo livello, si trovano i costi variabili più costi fissi, equivalenti a 41,2 c/l. Lo shortfall con il prezzo di vendita resta positivo ma scende a 1,2 c/l; diventa negativo nelle aziende piccole (-5,5 c/l). In oltre la metà delle aziende del campione (53%), il prezzo di vendita è inferiore al secondo livello dei costi di produzione. Rispetto al valore unitario del latte, quasi il 94% degli allevamenti riesce comunque a produrre profitto.
Il terzo livello rappresenta il costo economico totale (pari ai costi del secondo livello più i costi figurativi) ed è di 48,8 c/l. Lo scarto con il prezzo di vendita è negativo (-6,5 c/l). Nel 77% delle aziende analizzate, il prezzo del latte è inferiore al costo totale necessario per produrlo. Rispetto al valore unitario del latte, il 71% degli allevamenti presenta, tuttavia, un margine di profitto. Un’azienda su tre non riesce a generare profitto per la propria la famiglia.
Il punto di pareggio (Break Even Point – BEP) – calcolato come resa minima per coprire i costi di secondo livello – è stato individuato intorno ai 52 quintali di latte per vacca. Mentre, sempre con la tecnica del BEP, il prezzo minimo per coprire i soli costi di secondo livello (costi operativi) è di 45 c/l.
È la conferma di come la sostenibilità economica delle aziende specializzate nell’allevamento bovino da latte in Italia non sia sempre garantita dalla sola vendita di latte, ma dipenda anche da altre entrate e, in una certa misura, dal sostegno pubblico. Quest’ultimo contribuisce significativamente ad integrare le entrate delle aziende di montagna (17%) e, in misura minore, di quelle di pianura (6%).
Il Rapporto rappresenta quindi uno strumento utile per le azioni di politica economica, finalizzate al sostegno del comparto. Visto che esso svolge anche una fondamentale funzione di presidio e tutela del territorio, tali azioni «devono considerare sia le importanti differenze strutturali tra le imprese sia gli effetti degli scenari internazionali, affinché la zootecnia riesca ad affrontare la ormai improcrastinabile sfida della competitività ma soprattutto della sostenibilità» – sostiene Alessandra Pesce nella prefazione al Volume.