Dal 2022 fino al 2027 crolla in rapporto al Pil: solo la Grecia fa peggio di noi. Per la premier i “fondi al massimo storico” ma i dati dicono il contrario. L’allarme della Corte dei conti
ROMA — Ci vorrebbero altri dieci miliardi solo per riportare la spesa sanitaria al livello del 2022 e per recuperare l’inflazione che ne ha eroso il valore negli ultimi quattro anni. È vero dunque, come dice Giorgia Meloni, che «i numeri non sono opinioni» e che «il fondo sanitario è al suo massimo storico». Quello che la premier omette di spiegare agli italiani è quanto pesa sul Pil quel fondo, quanto peserà nei prossimi anni del suo governo e quanto si è svalutato per il caro prezzi. Vista così la faccenda, siamo ai minimi dal 2007.
Il governo Meloni ha tagliato la spesa per la sanità, senza ombra di dubbio. Lo dice il suo Def, il Documento di economia e finanza appena approvato. Lo dice Bankitalia. Lo dice la Corte dei conti. Lo dice il dossier di Camera e Senato sul Def. In percentuale del Pil scendiamo dal 7% pandemico del 2020-2021 al 6,2% nel 2027. Un bel salto all’ingiù. Che significa liste d’attesa infinite, viaggi della speranza, prestiti per curarsi, zero assunzioni, medici in corsia sempre più anziani con la deroga a rimanere fino a 72 anni per non vedersi, tra l’altro, tagliata la pensione, come da ultimo regalo di Palazzo Chigi nell’ultima legge di bilancio.
I numeri assoluti che esaltano la premier sono in continua ascesa, vero. Nel 2021 la spesa sanitaria era a 127 miliardi. Nel 2022 a 131 miliardi. L’anno scorso a 131,1 miliardi. Quest’anno a 138,8 miliardi col trucco: spostati qui anche i soldi previsti nel 2023 per il rinnovo del contratto del personale dirigente (per chiudere il contratto scaduto del triennio 2019-2021 e quello per il 2022-2024). Il prossimo anno la spesa sale ancora a 141,8 miliardi. Nel 2026 siamo a 144,8 miliardi. Nel 2027 a 147,4 miliardi. A parte l’anno in corso, con l’anomalia già detta del contratto, le risorse crescono di circa 3 miliardi all’anno, un 2% in più. Troppo poco, visto che il Pil aumenta nel frattempo del 3% all’anno.
Ecco spiegato perché l’unico numero che conta davvero — l’incidenza della spesa sanitaria sul Pil, non il suo valore assoluto — cala inesorabilmente: 6,4% quest’anno, poi sempre 6,3% fino al 6,2% nel 2027. D’altro canto quando la premier e il suo ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti parlano di deficit e debito non lo fanno mai in numeri assoluti — siamo a 2.872 miliardi di debito pubblico, anche qui record storico, taciuto però — ma sempre in rapporto al Pil. La crescita, misurata dal Pil, è la vera cura del debito perché ne attenua l’enormità. Nel caso della spesa sanitaria ne prosciuga l’impatto e alimenta disuguaglianze.
Dice poi la Corte dei conti che siamo fanalino di coda in Europa. Nel 2022 la Francia ha speso per la sanità 271 miliardi, il doppio abbondante dei nostri 130 miliardi, pari al 10,3% del Pil francese contro il nostro 6,8%. La Germania ancora di più: 423 miliardi, il 10,9% del Pil. Il Regno Unito 230 miliardi, il 9,3% del Pil. Anche la Spagna fa meglio di noi con il 7,3% del Pil, pari a 97 miliardi.
L’Italia invecchia inesorabilmente. Eppure spende troppo poco e forse anche male. Al punto, sottolinea la Corte dei conti, che ciascun italiano si carica di una spesa da 920 euro extra a testa all’anno in media per sopperire, coprendo così il 21,4% del costo della sanità. Un quinto abbondante della spesa sanitaria ricade dunquesui portafogli di tutti. Gli inglesi coprono solo il 13,5%, i tedeschi l’11%, i francesi l’8,9%.
Ecco dunque cosa dicono i numeri del governo Meloni. Definanziamento e promesse mancate: dalla non autosufficienza (si aiutano solo 25 mila anziani poveri e solo per due anni su 4 milioni di bisognosi)alla medicina del territorioaffidata a un Pnrr fantasma.
Ieri in migliaia hanno manifestato a Roma con la Cgil e la Uil per dire «Adesso basta» e per ricordare la «vergogna dei 700 mila che dal Sud vanno al Nord per curarsi».
Numeri che parlano, anche questi. «Siamo a tagli su tagli alla sanità pubblica», dice Maurizio Landini, leader Cgil. «Si finanzia solo quella privata in un Paese che invecchia e si impoverisce». Anche Pierpaolo Bombardieri, leader Uil, ricorda i «40 mila medici che ogni anno scappano all’estero perché malpagati». Numeri.
La Repubblica