I professionisti della salute ora chiedono un finanziamento specifico per la sopravvivenza del Servizio sanitario. E lo fanno dopo i numeri offerti dalle analisi della Fondazione Gimbe. A due milioni di italiani che rinunciano alle cure per problemi economici, ad altri 4 milioni costretti a risparmiare sulle spese per la salute, ad una spesa media di 1362 euro a famiglia che non tutti si possono permettere, si oppone un Ssn che investe sempre meno. Lo scenario – pesante specie nelle regioni del Mezzogiorno– riflette i timori di medici ospedalieri, di famiglia ed infermieri. Che lanciano un sos da vari fronti del mondo sanità. Dal Salento, giunge la denuncia di Raffaele Gaudio, responsabile nazionale pronto soccorso FISMU: pur disponendo di un Fondo di circa 20 milioni di euro, le autorità regionali, «tagliano il capitolato di spesa da destinare alle assunzioni del personale medico. Mentre i giovani medici non scelgono di lavorare in Ps, a causa di “compensi inadeguati, orari inaccettabili e aggressioni”, chi è al lavoro «è costretto a coprire una marea di turni perché mancano camici per dare garanzia minime di continuità del servizio e di presa in carico dei cittadini. Nessun medico si può ormai ammalare, può fruire di ferie». Servirebbero risorse per assumere «i pochissimi medici ancora disponibili da graduatorie concorsuali, come quella ultima del concorso bandito dopo circa un anno fa dall’Asl di Lecce. L’obiettivo minimo qui –spiega Gaudio– è poter scorrere graduatorie già esangui per ottenere in tutto 7-8 medici da distribuire sui 5 PS Aziendali che andrebbero solo a coprire i buchi di organico, a fronte di un fabbisogno stimato in 29 medici. Ad oggi, invece, si prevede solo 1 medico destinato al Ps di Scorrano». Notizie analoghe arrivano dalle altre Asl pugliesi. Angelo Testa, presidente dei medici di famiglia del Sindacato Snami, chiede un intervento immediato «per garantire l’uguaglianza nell’accesso alle cure e per proteggere i più vulnerabili, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno». Gli fa eco la tesoriera nazionale Simona Autunnali, sottolineando come malgrado i medici di famiglia formulino richieste appropriate e secondo classi di urgenza, «i cittadini hanno enormi difficoltà nel prenotare visite mediche e accertamenti strumentali. Quasi nessuna priorità impostata è rispettata creando notevoli ritardi nell’erogazione delle visite e ritardando così le diagnosi». Altra osservazione: più spesso «sono gli specialisti a chiedere una quantità enorme di esami virando verso una medicina difensiva esasperata. Bisogna garantire un migliore coordinamento tra i medici di medicina generale e gli specialisti, ed una maggiore efficienza delle liste di attesa».
«Non c’è solo l’Italia degli interventi complessi e unici al mondo. I mesi e mesi di attesa di un povero pensionato per una tac, la totale assenza di una sanità territoriale degna di tal nome, la mancanza di infermieri domiciliari per i malati cronici allettati, le carceri dove un professionista si occupa da solo di 200 detenuti “difficili”, rappresentano il più tragico dei rovesci della medaglia», dice Antonio De Palma, Presidente Nazionale del sindacato infermieri Nursing Up. «La priorità è «investire maggiori risorse negli uomini e nelle donne della salute, nell’edilizia ospedaliera, nella formazione. Ma qualcuno –dice Palma riferendosi all’assessore Lombardo Guido Bertolaso senza citarlo – pensa bene di andare a reclutare infermieri in Sudamerica, che non parlano la nostra lingua, per gettarli nella mischia a contatto con soggetti fragili, gravando con le loro lacune il lavoro già difficile dei nostri colleghi, correndo il rischio invece di abbassare ulteriormente un livello già tutt’altro che eccelso». Secondo i dati Gimbe, in questo momento è a rischio la salute di altri 2,1 milioni di cittadini, specie al Sud. Tino Magni senatore di Alleanza Verdi e Sinistra, indica un rischio dietro l’angolo nell’Autonomia differenziata, «una riforma che aumenterà a dismisura le disuguaglianze territoriali già presenti nel Paese. Finanziare in modo adeguato il Servizio Sanitario Pubblico vuol dire garantire a tutti i cittadini il sacrosanto diritto alla salute, principio sancito dalla nostra Costituzione ma ad oggi disatteso nella realtà dei fatti»
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