«Lungi dal Governo voler mettere pressione al Parlamento», dice sorridendo Giorgia Meloni mentre visita gli stand di Vinitaly. La premier – sollecitata – sta parlando dell’Autonomia differenziata, provvedimento in cima alle priorità della Lega atteso a fine mese nell’Aula della Camera. La presidente del Consiglio ci tiene a sottolineare che non c’è alcun pressing da parte di Palazzo Chigi per arrivare all’approvazione della riforma prima delle Europee. Lo dice accompagnando le parole con il gesto delle mani avanti, «certa» che i gruppi della maggioranza abbiano fatto «del loro meglio» e «fiduciosa» sull’esito finale. Sui tempi però non c’è analoga certezza. Dipende dai «lavori parlamentari», da «quanta opposizione verrà fatta». Ma in ogni caso «non è questione di un giorno in più o in meno». Affermazione che certo non deve essere stata particolarmente apprezzata dall’alleato leghista. A maggior ragione perché pronunciata in Veneto, nella Regione di Luca Zaia. Il Governatore però evita di polemizzare: «Ormai il progetto è incardinato, è passato al Senato e passerà anche alla Camera».
Una risposta che va letta anche tenendo conto di quanto detto dalla premier su un altro tema sensibile per il Doge: il terzo mandato. Meloni torna a ripetere che non è il governo («sarebbe una forzatura») ma il Parlamento a dover decidere se cancellare o meno il limite dei due mandati per i sindaci e i Governatori. «Al momento una maggioranza non c’è», evidenzia la presidente del Consiglio aggiungendo però che «è ancora presto» perché molto dipenderà anche dalla tempistica, ovvero da «quando» la proposta verrà presentata. In altre parole, se ne riparlerà dopo le elezioni di giugno. Non proprio un’apertura ma almeno uno spiraglio. Che è poi quanto aveva prospettato qualche settimana fa un big del Carroccio qual è il Governatore del Friuli Venezia Giulia e presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga. Un modo anche per evitare il sovrapporsi con l’Autonomia differenziata. Qui invece l’obiettivo dichiarato della Lega è quello dell’approvazione prima dell’appuntamento dell’8-9 giugno. In Parlamento il pressing del Carroccio si fa sentire in queste ore. Dalla Capigruppo ieri è arrivata la conferma che formalmente non ci saranno ulteriori dilazioni dei tempi nonostante la richiesta di tutti i partiti di opposizione che bollano come «incomprensibile il silenzio totale della della maggioranza». Quindi la riforma il 29 dovrebbe atterrare in Aula a Montecitorio. Ma sia dentro Fratelli d’Italia che in Forza Italia non c’è tutta questa premura. Il partito della premier valuta quanto sta avvenendo al Senato sul premierato e gli azzurri si mantengono quanto mai prudenti per le ricadute sui consensi al Sud
Il clima della campagna elettorale non aiuta. La competizione tra alleati cresce di giorno in giorno e i maxi poster in cui campeggia il primo piano della premier sotto la scritta a carattere cubitali «Con Giorgia» anticipa quanto ormai si da per scontato e cioè la candidatura di Meloni alle Europee in tutte le circoscrizioni. Lei per ora si schernisce così:«I manifesti con la mia faccia? Sono il leader del partito con chi altri li vorrebbe fare?». L’annuncio della discesa in campo arriverà a fine mese, in occasione della Conferenza programmatica di Fdi che si terrà a Pescara l’ultimo fine settimana di aprile.
Il Sole 24 Ore