La riforma dei farmaci Ue supera il primo scoglio. Dopo quasi un anno dalla sua presentazione da parte della Commissione Ue durante il quale non sono mancate forti discussioni , compresa la netta opposizione del Governo italiano che si è unito alle proteste delle aziende del settore in cui l’Italia è leader in Europa, ieri è arrivato il primo disco verde del Parlamento europeo. La palla passa ora al Consiglio europeo per il prosegui dell’iter, anche se il dossier sarà ripreso ormai nel prossimo mandato dopo le elezione europee di giugno con tutte le incognite del caso.
Il via libera dell’aula nella sessione plenaria è arrivato a un pacchetto di misure attese da 20 anni – una direttiva e un regolamento – che interviene su vari fronti del pianeta farmaci: dal nodo della carenza dei medicinali che si è acuito dopo la pandemia agli incentivi per la produzione di antibiotici sempre più importanti, dai foglietti illustrativi digitali in tutte le lingue (i cosiddetti “bugiardini”) ai medicinali orfani fino al tema più caldo, quello cioè della tutela regolatoria dei dati dei farmaci.
Tra i punti più contestati di questa riforma c’è infatti proprio quella della riduzione del data protection che per le aziende è uno dei capisaldi della tutela della proprietà intellettuale (impedendo ad altre aziende di poter accedere ai dati del farmaco) e rappresenta probabilmente la principale sirena che – insieme agli incentivi per la ricerca – attrae i grandi investimenti di Big Pharma. Scoprire e sviluppare un nuovo medicinale costa molto e quindi una esclusiva più lunga sul mercato è un incentivo importante. Il testo della riforma presentato nell’aprile del 2023 dalla Commissione Ue riduceva questo periodo di data protection dagli attuali 8 anni a 6 anni, ora il nuovo testo emendato già in commissione ambiente e salute e frutto di un compromesso della Commissione Ue porta questo termine a 7 anni e mezzo a cui si aggiungono due anni di market protection (periodo durante il quale a esempio i medicinali generici non possono essere venduti).
Un compromesso questo che è stato confermato ieri dagli europarlamentari in aula con un’ampia maggioranza e su cui già c’è stata la levata di scudi delle aziende farmaceutiche che bocciano la riforma come peggiorativa della competitività dell’Europa, criticando anche le condizioni “burocratiche” che consentono di estendere questa data protection. La riforma prevede infatti la possibilità di allungare la “protezione” a ulteriori 12 mesi se il farmaco risponde a esigenze mediche insoddisfatte, altri 6 mesi se prevede lo sviluppo di studi clinici comparativi e ulteriori 6 mesi se una quota degli investimenti in ricerca sono effettuati in Europa. Più è riconosciuto un ulteriore anno di esclusiva di mercato per una indicazione terapeutica aggiuntiva che comporti benefici clinici significativi rispetto a terapie già esistenti.
«È?una giornata nera per l’Europa e una cattiva notizia per il diritto alla salute dei cittadini europei oltre che un ulteriore passo per far perdere ancora di più competitività alla filiera delle aziende europee del farmaco nel fare ricerca e innovazione rispetto ai nostri competitor esteri verso i quali abbiamo già perso molto terreno», sottolinea il presidente di Farmindustria Marcello Cattani. Che ora chiede alle nuove istituzioni europee che usciranno dal prossimo voto di giugno «di rivedere la direzione della riforma e di puntare su una visione che difenda davvero l’industria europea su temi cruciali della tutela brevettuale come la data protection e la market esclusivity».
Già nelle prime fasi della proposta di riforma europea il Governo italiano aveva inviato un documento ufficiale molto critico alla Commissione Ue sottolineando la necessità di «evitare il rischio di indebolimento della protezione della proprietà intellettuale». Un concetto ribadito dal senatore Francesco Zaffini (Fdi), presidente X Commissione Affari Sociali del Senato che parla di una riforma che «nelle intenzioni serve per consentire la maggiore disponibilità del farmaco, ma nei risultati finali determina una disparità tra i Paesi europei che vede il nostro Paese danneggiato». Critica anche Maria Angela Danzì, europarlamentare del Movimento 5 Stelle ma per la ragione contraria perché non soddisfatta «dell’aumento della regulatory data protection e perché è stata annacquata la riforma della governance di Ema». Stefano Collatina presidente di Egualia (produttori di generici) difende invece «i passi in avanti fatti» e che ancora si possano fare «nelle prossime fasi della procedura legislativa».
Il Sole 24 Ore