Lo ha sancito, dopo altre pronunce favorevoli, anche il Tribunale di Torino in relazione alla richiesta dell’Azienda ospedaliera delle Molinette relativa ai proventi dell’attività intramoenia esercitata dai medici dal 2012 al 2015
Asl e Ospedali non possono chiedere retroattivamente ai medici dipendenti il 5% sui proventi della libera professione intramoenia. Lo ha sancito, dopo altre pronunce favorevoli in tutto il Piemonte, anche il Tribunale di Torino in relazione alla richiesta dell’Azienda ospedaliera delle Molinette relativa ai proventi dell’attività intramoenia esercitata dai medici dal 2012 al 2015. A dare la notizia la sezione piemontese del sindacato Anaao Assomed, che ricostruisce la vicenda. Da un quarto di secolo la riforma Bindi consente ai dirigenti medici ospedalieri di esercitare l’attività libero professionale al di fuori dell’orario di servizio nelle strutture aziendali (“intramoenia”). I pazienti pagano un corrispettivo, composto per legge da: onorario del professionista; costi dell’eventuale personale di supporto; costi aziendali; quote delle trattenute previste dalle norme vigenti. A settembre 2012 il decreto Balduzzi ha inserito in aggiunta al compenso del professionista, previo accordo in sede di contrattazione integrativa, un’ulteriore quota da corrispondere dall’assistito pari al 5% del compenso del medico, che l’azienda avrebbe dovuto vincolare ad interventi di prevenzione o di riduzione delle liste di attesa. Ma lungo la Penisola qualche Asl od ospedale è arrivato in ritardo. A Torino, i presìdi ospedalieri dell’attuale Città della Salute, dal 2012 fino al 2015, non siglarono accordi né aggiunsero il 5% previsto dalla legge al compenso del professionista. Avvenne lo stesso nel resto del Piemonte e in parte d’Italia. All’inizio del nuovo decennio la Corte dei Conti ha evidenziato un ammanco di milioni di euro su un Fondo destinato alla riduzione delle liste di attesa e agli interventi di prevenzione. A settembre 2022, la Città della Salute ha inviato a molti medici da essa dipendenti delle lettere di sospensione dei termini di prescrizione, in cui si attribuiva loro la responsabilità di non aver versato il 5% previsto dalla Balduzzi. Pungolate dai magistrati contabili, altre aziende sanitarie piemontesi hanno inviato analoga richiesta, e i sindacati medici hanno impugnato le lettere al Tribunale del Lavoro, ritenendole “un errore che non può essere fatto pagare ai medici, anche perché –scrive Anaao Piemonte– la legge prevede che il 5% vada aggiunto all’onorario del professionista, non sottratto”.
I controlli della Corte dei Conti hanno colpito anche Asl ed ospedali di altre regioni. Viene dalla Lombardia il ricorso contro la trattenuta che, finito in Corte di Cassazione, ha dato luogo lo scorso ottobre ad una sentenza storica sulla “tassa”. La Suprema Corte ha osservato come il 5% sui proventi intramoenia non sia né dovuto dal medico ospedaliero esercente attività intramoenia né applicabile automaticamente ma vada invece inserito nei contratti e posto a carico del paziente-pagante. Nel caso in questione, l’azienda avrebbe dovuto chiederlo ai pazienti. Non solo il 5% va aggiunto e non sottratto alla tariffa totale, lasciando intatto l’onorario del medico, ma va imposto solo se Asl e sindacati di medici e comparto hanno deciso di introdurlo a livello di contrattazione aziendale. Dopo la sentenza, in molte regioni ci sono state sentenze favorevoli dei tribunali. Anche in Piemonte, relative a trattenute dell’Asl Torino 4, dell’Asl Città di Torino, dell’Asl Novara. Il primo contenzioso finito in cronaca sui quotidiani però era partito dalle Molinette e il procedimento è arrivato adesso a pronuncia, come conferma Chiara Rivetti, Segretaria Anaao Piemonte. «Siamo sicuramente contenti perché i tribunali hanno recepito l’indirizzo della Cassazione, che è quello da noi sempre sostenuto: la richiesta ai medici di versare il 5% fissato dalla Balduzzi sull’attività libero professionale intramoenia esercitata anni fa è illegittimo», dice Rivetti. «Infatti la richiesta retroattiva va inquadrata come tentativo delle Amministrazioni di far ricadere sul personale dirigente un loro errore: un’azione inaccettabile, come stanno dimostrando le sentenze di questi mesi».