Il 28 dicembre 2023, il Ministero della Salute, con una nota congiunta DGISAN e DGSAF, ha ordinato un piano straordinario di controlli coordinati a livello nazionale presso negozi e esercizi che potrebbero commercializzare prodotti etnici non autorizzati. I controlli sono stati affidati ai veterinari delle ASL e ai comandi dei NAS locali. Dai risultati sembra proprio che i prodotti contaminati da peste suina africana siano ormai molto diffusi sul territorio. Probabilmente sono già in tutta Italia. Questo vuol dire che esiste una filiera sommersa che, invece di distruggere le carcasse dei maiali infetti, utilizza la loro carne per produrre alimenti distribuiti anche nel nostro Paese
La vicenda
A febbraio ha fatto notizia il ritrovamento del virus della peste suina africana (PSA) in una partita di salsicce in un negozio etnico di Udine e in prodotti a base di carne in un magazzino di una ditta cinese di Bologna (leggi qui il nostro articolo sulla PSA nelle salsicce). Un caso simile è stato scoperto nel padovano. Ora sappiamo che non si è trattato di casi isolati. Su 300 campioni di prodotti prelevati da negozi etnici di tutta Italia, molti etichettati con ideogrammi cinesi, 81 erano positivi. Più di un prodotto su quattro (27%) conteneva DNA del virus della peste suina africana. Come si è arrivati a questa scoperta? E cosa comporta tutto ciò? Andiamo con ordine.
I controlli nei negozi etnici
La vicenda ha inizio quando, nel dicembre 2023, il Dipartimento di prevenzione dell’ASL di Napoli segnala il ritrovamento di prodotti alimentari etnici di origine animale importati illegalmente in Italia, nell’ambito dei controlli sulla filiera della carne suina stabiliti dalla quinta ordinanza del Commissario straordinario alla PSA. Le analisi dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e delle Marche (IZSUM) hanno scoperto che questi prodotti erano positivi al virus della peste suina.