La promessa è il ripristino dei fondi dopo il 2026. Gli assessori: spese già programmate
Regioni in subbuglio per il taglio del Fondo complementare al Pnrr da parte del governo. Una decisione che farà mancare circa 700 milioni di euro già finanziati per la sanità. In particolare, oltre mezzo miliardo viene meno al programma “verso un ospedale sicuro e sostenibile”: in tutto vale 1 miliardo e 450 milioni, e 132 milioni mancano al programma “Ecosistema innovativo della salute”. Dopo la notizia della riduzione dello stanziamento si è tenuta una riunione degli assessorati regionali alla Salute, che si rivedranno oggi per arrivare a un documento comune, dove potrebbe esserci anche un più generale allarme sui problemi economici della sanità.
Riguardo al Fondo complementare, il governo ha comunicato che i soldi mancanti potranno essere presi dal cosiddetto “articolo 20”, cioè il fondo nato alla fine degli anni Ottanta e destinato all’edilizia ospedaliera. Il problema, scrivono i tecnici delle Regioni, è che «non risulta un’effettiva disponibilità delle risorse dell’articolo 20». Anche perché gran parte dei soldi di quelfondo sono già prenotati.«Molte Regioni hanno già programmato le risorse ex articolo 20 sin qui disponibili. Concretamente si richiede di rinunciare ad una parte delle risorse dal 2023 al 2025 per supportare le carenze di risorse del Pnrr».
Riprogrammare l’utilizzo di fondi già ripartiti «non tiene conto del diritto, esercitato dalle Regioni, alla propria programmazione, già in atto». Gli interventi “verso un ospedale sicuro e sostenibile”, si fa notare «sono necessari alla messa in sicurezza delle strutture». Inoltre nel documento si ricorda che il Piemonte, ad esempio, con i soldi già messi a disposizione dovrebbe costruire un ospedale. Ma l’impatto riguarda un po’ tutti: Veneto ed Emilia perderebbero 100 milioni, la Lombardia 220.
Il governo, nel luglio scorso, aveva anche rimodulato il Pnrr in sanità. E anche in quell’occasione aveva detto alle Regioni che i soldi che mancheranno potranno essere presi dal fatidico “articolo 20”. Il taglio partiva dal presupposto che certe novità non potranno essere avviate nei tempi, cioè entro il 2026, come 414 Case della Comunità su 1.350 e 96 Ospedali di Comunità su 400.
I guai per il governo alle prese con il nuovo Pnrr non finiscono qui. La Corte dei conti promuove la revisione e il raggiungimento degli obiettivi in termini di bandi, convenzioni e anticipi dei fondi, ma torna a lanciare l’allarme sulla spesa lenta. Non è la prima volta, ma ora a viene a galla tutto quello che non funziona nella macchina amministrativa che deve mettere a terra le risorse. A iniziare dai Comuni meno efficienti che sono scoraggiati anche solo dal presentare le domande a causa della «quantità di passaggi burocratici a cui è necessario adempiere» e «della complessità della documentazione da fornire». Ecco perché la magistratura contabile invita Palazzo Chigi a potenziare la capacità amministrativa che è «fondamentale per la riuscita del Piano»: con i fatti, inviando più tecnici nei Comuni.
Anche le imprese vanno «riavvicinate » al Piano nazionale di ripresa e resilienza: più di un’impresa su tre, scrive la Corte, «non ha riscontrato bandi di interesse». Quelle potenzialmente interessate a ricevere aiuti diretti hanno segnalato la mancata assegnazione dei contributi, mentre chi guarda con favore ai bandi di gara ha lamentato procedure complesse e tempi ristretti.