Il reato di abuso d’ufficio non sempre coincide con la paura della firma
Gli esempi del Csm sulle criticità in caso di abrogazioneIl Sole 24 Ore, Giovanni Negri Una pluralità di condotte che non saranno più punibili. Se verrà cancellato l’abuso d’ufficio, come previsto dal disegno di legge approvato dal Senato e ora all’esame della Camera, a restare prive di una sanzione penale saranno le più diverse azioni dei pubblici ufficiali o delle figure a questi parificate. A esemplificare, in un parere fortemente critico sul provvedimento, è il Consiglio superiore della magistratura, restando su un piano di concretezza ancorato a una serie di sentenze della Cassazione in larga parte successive all’ultima modifica del reato varata, già limitandone la portata applicativa, nel 2020.
Si inizia con la condotta di un sindaco che non aveva rinnovato l’incarico di un funzionario comunale per fini ritorsivi e discriminatori, sindaco che alla luce della modifica normativa di quasi quattro anni fa chiedeva la revoca della condanna: nulla da fare perché non c’è stata abolitio criminis, come invece accadrebbe ora, nella parte in cui è vietata l’attuazione di intenti discriminatori o ritorsivi, quale elemento dell’imparzialità nell’esercizio delle pubbliche funzioni, principio costituzionale di portata immediatamente precettiva.
Si prosegue con la condotta di un sindaco che, trasgredendo l’obbligo di astenersi in presenza di un interesse proprio, aveva disposto la requisizione di un immobile di proprietà privata oggetto di una controversia civile in corso tra il privato proprietario e una società patrocinata dallo stesso sindaco. E ancora, a titolo di abuso d’ufficio stato punito il semplice dipendente comunale che, anche in questo caso in violazione del dovere di astensione, aveva intenzionalmente procurato a sé e ai propri familiari un ingiusto vantaggio patrimoniale consistente nell’affidamento diretto alla società di cui essi erano parte di numerosi incarichi per lavori per un importo di svariate migliaia di euro.
Ma poi, a venire condannato è stato il responsabile della Polizia municipale che aveva affidato a una società, con procedura diretta e senza preventiva determinazione della giunta municipale, il servizio di misurazione elettronica della velocità media dei veicoli, procurando alla società un ingiusto vantaggio patrimoniale derivante all’affidamento diretto dell’appalto, con conseguente danno per la pubblica amministrazione. Che dire poi del dirigente comunale che ingaggia sua nipote, presiedendo la commissione esaminatrice? O dell’assessore che autorizza la moglie del sindaco, contrattista, a svolgere prestazioni aggiuntive a quelle previste dal contratto? Oppure del responsabile di un ufficio tecnico comunale che rilascia titoli abilitativi o trasformazioni d’uso in contrasto con il Piano comunale? O, ancora, del sindaco che revoca l’incarico di dirigente al candidato in una lista contrapposta? Un florilegio di azioni che adesso sono sanzionate e che poco possono avere a che vedere con la “paura della firma”, ma che, senza abuso d’ufficio, rischierebbero di andare esenti.