Contrastare la carenza degli infermieri valorizzandone il ruolo e rivedendone le mansioni, così da rendere più attrattiva la professione all’interno del Servizio sanitario nazionale. E puntare sui medici specializzandi per far fronte alla penuria di camici bianchi attesa nei prossimi anni. E’ la linea illustrata dal ministro della Salute, Orazio Schillaci, in un’intervista a ‘la Repubblica’.
Una delle soluzioni a breve termine previste contro la crisi di organico degli infermieri è ‘importarli’ dall’estero. Arriveranno i professionisti dall’India dei quali si parla da tempo? “L’arrivo dei professionisti indiani – risponde il ministro – è un argomento portato all’attenzione della Conferenza Stato-Regioni. In Italia gli infermieri sono il vero problema per quanto riguarda le carenze di personale. Siamo tra gli ultimi in Europa per il loro numero rispetto agli abitanti”, quindi nell’immediato è indispensabile far giungere personale dall’estero”.
In prospettiva, invece, “è importante che la professione torni ad essere appetibile. Ed è anche necessario modificare il percorso formativo. Adesso tutti gli infermieri hanno la laurea triennale e a volte anche la specialistica biennale. Bisognerebbe dare loro delle mansioni in più rispetto a quelle svolte oggi. Chi ha studiato 5 anni deve avere mansioni all’altezza dei sacrifici che ha fatto”, sottolinea Schillaci. Quanto ai medici, “il problema è diverso – ribadisce – perché mancano in misura minore rispetto agli infermieri. Ci saranno però grandi difficoltà nei prossimi 3 o 4 anni, a causa della gobba pensionistica”.
Ma è giusto il numero chiuso per l’ingresso alla Facoltà di Medicina? “Se in passato ci fosse stato un maggiore accesso a Medicina – osserva il ministro – oggi avremmo avuto meno carenze. Comunque, i posti per Medicina all’università sono destinati a crescere. Ma mi fa riflettere che il pubblico non trova professionisti e le cooperative sì”. Guardando avanti “la situazione è complessa – ammette Schillaci – ma abbiamo tanti specializzandi. Sarà importante il loro supporto nel futuro prossimo, per far fronte alle carenze. Dobbiamo far entrare questi giovani nel pubblico, cosa che magari, grazie alle soddisfazioni che dà il lavoro nel sistema sanitario nazionale, li fidelizza e poi li farà restare anche da specializzati”.
Soprattutto le carenze riguardano certe discipline, un problema diffuso in Europa e negli Usa”, ripete il ministro. “I giovani – rimarca – vanno verso le specializzazioni che permettono di avere un lavoro più indipendente, un’attività professionale propria. Un po’ dispiace. Se guardiamo alle 10-11 specialità meno scelte, oltre all’emergenza urgenza ce ne sono alcune come l’anatomia patologica, la radioterapia, la chirurgia che sono fondamentali per gli ospedali. La situazione è preoccupante. Bisogna intervenire durante il corso di laurea e far capire a chi sceglie di fare il medico che il profitto economico non può essere l’unica leva”, insiste Schillaci.
Quanto ai timori che l’autonomia differenziata possa aumentare le disparità tra le regioni nella qualità dell’assistenza, “la sanità – precisa il ministro – è già regionalizzata e i Livelli essenziali di assistenza non sono applicati in modo uniforme. L’autonomia deve rispettare la Costituzione – puntualizza – anche sull’importanza della salute. Può diventare un volano per far migliorare chi fino ad oggi non ha raggiunto gli obbiettivi. Il ministero avrà un ruolo di guida, accompagnamento e stimolo per le Regioni, perché non si lasci indietro nessuno. In Italia – assicura Schillaci – non ci dovranno essere cittadini di serie A e B”.