Terzo mandato, il monito del presidente: «Alla fine valuterò il comportamento di tutti»
Dici «terzo mandato» e, volente o nolente, pensi a Luca Zaia che, nel caso passasse la modifica al tetto per i presidenti di Regione, si potrebbe candidare per il quarto di fila. Vincendo, con buona probabilità.
Alle domande in merito riesce sempre a non rispondere, a cavarsela con una battuta, tanto ormai è lui l’archetipo del presidente più amato di sempre. Ieri, però, a palazzo Balbi è successo qualcosa di diverso.
Nel presentare il World health forum di marzo a Padova, e nel raccontare i due anni di lavoro «silenzioso e a testa bassa per prepararlo», Zaia se ne esce autonomamente con queste parole: «Bisogna crederci, io ne sono la dimostrazione. Ho i giorni contati, lo sapete, ma continuo a dimostrare che un amministratore deve sempre continuare a lavorare pensando a chi verrà dopo di lui e questa resterà una grande legacy».
Uno sfogo? Una battuta? In realtà sembra una dichiarazione a metà fra il testamento politico e una sfida per il futuro.
Lo Zaia che da anni si dichiara «amministratore» e non «politico» finisce la sua trasformazione in amministratore che vince indipendentemente dalla casacca di partito.
Tanto che il sindaco di Padova, Sergio Giordani, a chi gli chiede di un nuovo mandato per Zaia conferma: «Apprezzo la continuità» salvo poi specificare «con l’istituzione Regione, non con la persona».
Negli stessi minuti, a Roma, il vertice di maggioranza si chiudeva con una tregua armata sul terzo mandato. Tutto congelato fino a domenica, meglio lasciar passare le Regionali di domenica in Sardegna.
L’emendamento al dl Elezioni firmato dai leghisti Paolo Tosato, Mara Bizzotto ed Erika Stefani non è stato ritirato, quindi si andrà al voto. Giovedì come previsto?
Non è detto, spiegano dalla commissione Affari costituzionali del Senato, potrebbe slittare alla prossima settimana. I leghisti di stanza a Roma sospirano: «Per Luca ci stiamo spendendo come più non sarebbe possibile e lui continua a non volersi candidare come traino per le Europee».
Tensione alle stelle fra alleati di governo, un andirivieni nervoso fra Palazzo Madama e Montecitorio mentre va per la maggiore «la versione di Massimiliano Fedriga»:riparliamone dopo le Europee. «Tanto Luca non si candida a Bruxelles per aiutare il partito».
C’è pur sempre la proposta di legge di Alberto Stefani ferma in un cassetto della Camera su cui, però, FdI fa capire alzerebbe le barricate se l’emendamento al Senato non sarà ritirato. La fretta allora vien meno.
Salvo contrordini dai vertici, il destino dell’emendamento tutto veneto per alzare il tetto ai mandati dei presidenti di Regione (e dei sindaci di comuni sopra i 15 mila abitanti) è segnato: non passerà data una contrarietà trasversale e, segnatamente, di Fratelli d’Italia e Forza Italia.
«Ci sono i due emendamenti che riguardano il terzo mandato su cui restano legittime diversità di opinione fra la Lega e FI e FdI. – dice il presidente della commissione Affari costituzionali in Senato, Alberto Balboni – Senza drammi abbiamo preso atto che nella commissione l’opinione prevalente è un’altra: i gruppi di FdI, FI e Noi moderati sono per mantenere il vincolo del secondo mandato».
Un finale già scritto, quindi, il Carroccio lo sa ma cerca lo scalpo da brandire sui territori. Intanto, a Venezia, il presidente-mattatore mantiene un profilo alto, zero polemiche ma argomentazioni ripetute ormai quasi quotidianamente: «Sul terzo mandato il problema non sono io. A me spiace qualcuno pensi che questo sia un emendamento fatto per me. Mi risulta – ha detto Zaia – che ci siano miei colleghi che hanno posto la questione quanto il sottoscritto. La verità è che l’interlocutore non sono i presidenti e i sindaci al secondo mandato, ma sono i cittadini. Penso che la questione sia concreta e coerente in un Paese nel quale le uniche due cariche elettive, il sindaco e il presidente della Regione, sono le uniche due cariche con il tetto ai mandati».
Per poi aggiungere, sibillino, dopo una domanda sulla sua lista alle Regionali: «Alla fine valuterò il comportamento di tutti quanti», leggasi consiglieri regionali, assessori, parlamentari ecc…
Da mesi le ipotesi sul futuro di Zaia si sprecano, sembra quasi un gioco di società fra addetti ai lavori e allora si scommette: ministro, commissario europeo, al Coni, sindaco di Venezia, candidato portabandiera alle Regionali con una sua lista….E poi c’è quella via stretta e tentatrice: modificarsi in casa lo statuto regionale (che ha recepito il tetto dei due mandati) e la legge elettorale adottando l’escamotage dell’elezione indiretta a presidente da parte del consiglio regionale e non a suffragio universale.
Tecnicamente sarebbe possibile.
E politicamente?
Martina Zambon – Corriere Veneto