Giorgia Meloni punta dritta alla conquista del Veneto, la regione di Luca Zaia che, assieme alla Lombardia rappresenta la culla del leghismo
Ormai si gioca a carte scoperte. L’emendamento della Lega al decreto Elezioni per rimuovere il limite dei due mandati ha aperto ufficialmente le ostilità tra Fdi e il partito di Matteo Salvini. In ballo c’è il fattore P, inteso non come Principio ma come Potere. Giorgia Meloni punta dritta alla conquista del Veneto, la regione di Luca Zaia che, assieme alla Lombardia rappresenta la culla del leghismo.
Il «peso dei voti» in Veneto
Nelle scorse ore è sceso in campo direttamente il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, di provata fede meloniana per confermarlo al grido di «nessuno è eterno, neanche Zaia», aggiungendo che bisogna tener conto dei nuovi equilibri interni al centrodestra e cioè al «peso dei voti» sancito alle politiche con il primato dei Fratelli al 32,7% contro il 14,5 raccolto dal partito di Salvini in Veneto.
Le mire di Fdi e il malessere interno della Lega
Il segretario-vicepremier mastica amaro e manda quotidianamente i suoi pretoriani a difendere il bastione della Serenissima dalle mire della presidente del Consiglio. Salvini è stretto tra due fuochi: da un lato i Fratelli d’Italia ingolositi dalla prospettiva di conquistare una delle Regioni del Nord produttivo, dall’altra il malessere interno al partito che potrebbe esplodere all’indomani dei risultati delle Europee dell’8-9 giugno. Tant’è che qualche “malalingua” ha già messo in circolazione la voce (riportata fedelmente dall’AdnKronos) che al segretario non dispiacerebbe celebrare il congresso nazionale prima del voto, ad aprile, per blindarsi.
I timori di Salvini
La prospettiva di un verdetto negativo è infatti tutt’altro che remota. Già quando comparirà sui teleschermi il confronto tra quanto raccolto oggi e 5 anni fa l’atmosfera si farà glaciale visto che nel 2019 la Lega andò oltre il 34%. Se poi il risultato dovesse risultare simile o addirittura peggiore delle politiche del 2022 (8,9%) per Salvini mantenere la guida del Carroccio stavolta sarebbe dura. Il Veneto, il tentativo di Fdi di rovesciare il regno di Zaia è dunque benzina sul fuoco. Anche perché – questo è certo – il leone rampante non ha alcuna voglia di cedere lo scettro che si è conquistato grazie a centinaia di migliaia di voti e con una sua lista che da sola ha raccolto quasi la metà dei voti di quelli complessivamente ottenuti dall’intero centrodestra, Lega compresa.
Zaia disinteressato al seggio a Strasburgo
Il tentativo di inviarlo in Europa è miseramente fallito. Zaia ha detto di non essere in alcun modo interessato. Non è un posto che cerca il Doge. Del resto anche i suoi omologhi di Lombardia e Friuli Venezia giulia, Attilio Fontana e Massimiliano Fedriga, a cui il Capitano aveva chiesto di mettere la faccia sulle liste elettorali delle Europee hanno educatamente rispedito l’invito al mittente.
Quanto a Meloni, la premier non ha ancora ufficializzato la sua personale (e probabile) diretta partecipazione all’appuntamento dell’8-9 giugno che potrebbe garantirgli la conquista del 30% dei consensi. La leader di Fdi vuole vincere, ovvio, ma non in modo così eclatante da mettere in pericolo il governo. Un Salvini malconcio per lei può diventare un grande problema visto che i parlamentari della Lega sono quasi tutti fedeli al segretario.
Nodo emendamento Lega sul terzo mandato
Anche per questo Meloni tace. «C’è tempo», dicono i suoi. In Veneto si vota nel 2025, così come Campania, Liguria, Marche, Puglia, Toscana. C’è poi l’Emilia Romagna dove le urne si potrebbero aprire già quest’anno se l’attuale governatore dovesse decidere di candidarsi alle europee e traslocare a Strasburgo. Chissà che allora la conquista della Regione rossa per antonomasia non possa diventare il terreno per facilitare la soluzione veneta. Nel frattempo però c’è da decidere che fare con l’emendamento della Lega sul terzo mandato. La decisione va presa prima di giovedì quando in commissione Affari costituzionali si comincerà a votare.
Il Sole 24 Ore