Dopo il primo caso di peste suina africana registrato nel Parmense il 29 gennaio, la Regione ha chiesto lo stato di calamità naturale. Per la prossima settimana è previsto un altro incontro con l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi
Giovedì 15 febbraio la Regione Emilia-Romagna ha chiesto lo stato di calamità naturale per la peste suina con una lettera inviata ai ministri Orazio Schillaci e Francesco Lollobrigida. Sul tema, l’assessore regionale all’Agricoltura, Alessio Mammi, ha organizzato un incontro a Piacenza insieme ai rappresentanti di enti locali, associazioni agricole e industriali. Un altro simile è già stato programmato a Parma per la prossima settimana.
La situazione
Il primo caso nel Parmense, registrato lo scorso 29 gennaio a Tornolo, ha destato molte preoccupazioni. La Regione, fin dalla prima comparsa di casi di peste suina sul territorio nazionale, si è impegnata per l’innalzamento dei livelli di biosicurezza negli allevamenti e nelle aziende del territorio attraverso due bandi per 7 milioni di euro complessivi; un terzo partirà a breve.
“In questa situazione, è assolutamente fondamentale un coinvolgimento forte del territorio” ha commentato Alessio Mammi. “Noi continuiamo a fare squadra, come sempre abbiamo fatto in questa regione di fronte alla difficoltà. Ma il Governo, che abbiamo già sollecitato, non deve restare a guardare”.
Le richieste
Il valore delle produzioni suinicole in Emilia-Romagna è pari ogni anno a un miliardo di euro e comporta per tutto il territorio non solo notevoli benefici economici ma anche sociali. Un danno al settore porterebbe ripercussioni su tutto l’indotto, con conseguenze gravi per l’intera comunità.
La richiesta inviata al Governo serve “per consentire alle produzioni che rientrano nelle zone di restrizione di accedere ai benefici fiscali previsti dalla legge in casi di calamità, quali agevolazioni e sospensioni dei mutui o misure rivolte ai lavoratori”.
Tra i punti chiave della richiesta, l’istituzione del ruolo di subcommissari regionali tra gli assessori delle Regioni interessate, che possano gestire procedure amministrative straordinarie su appalti per acquisti di servizi e mezzi mirati al contenimento del cinghiale.
Un altro punto importante riguarda la commercializzazione delle carni lavorate, con protocolli semplificati per i Paesi terzi, che tutelino il comparto, soprattutto nell’ambito delle produzioni di qualità. Al Governo si chiede di “salvaguardare le esportazioni che rappresentano il valore commerciale più importante negli ultimi anni, in particolare per le produzioni Dop e Igp, e che già ora vedono chiusure da alcuni Paesi e si teme che altri, in particolare quelli del Nord-America, possano aggiungersi”.
Inoltre, la Regione ha messo a punto una strategia per ridurre la circolazione del virus, insieme all’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale e all’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna, concentrandosi sull’attività di riduzione della popolazione di cinghiali nelle aree poste all’interno del confine delle tre reti autostradali A1, A15 e A21, vicine al distretto di Langhirano.
Su questo fronte, la Giunta regionale ha reso disponibili tutti gli strumenti che la normativa nazionale consente, ampliando a tutto il periodo dell’anno l’attività e permettendo ogni forma di autodifesa da parte di allevatori e agricoltori.
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