Sanità. Approvata la misura che limita le cause penali per il personale sanitario alla colpa grave In arrivo le indicazioni degli esperti di Nordio
Lo scudo penale per medici e infermieri limiterà fino al prossimo 31 dicembre la punibilità dei fatti commessi nell’esercizio della professione ai soli casi di colpa grave come accadde durante la pandemia. La misura è entrata nel decreto milleproroghe nella versione più “breve” (si era ipotizzato anche fino al 2025) e dunque, i prossimi dieci mesi saranno impiegati dal Governo per varare una riforma generale della colpa medica da far entrare in vigore nel 2025 e che oggi pende come una spada di Damocle sulla testa dei camici bianchi contro i quali ogni anno vengono intentate oltre 35mila cause che però nel 97% dei casi si risolvono in un nulla di fatto. Il terrore delle cause produce però degli effetti collaterali indesiderati tra i camici bianchi: da una parte il fenomeno della cosiddetta medicina difensiva (l’iper prescrizioni di visite ed esami) che costa ogni anno oltre 11 miliardi al Ssn e dall’altra i costi assicurativi con polizze spesso molto salate per i sanitari più esposti al rischio cause. Va comunque ricordato che per i pazienti danneggiati resta sempre possibile chiedere il ristoro dei danni subiti in sede civile.
Per la riforma della colpa medica (disciplinata oggi dalla legge 24/2017 mai completamente attuata) il Governo non partirà da zero perché entro aprile è atteso anche l’esito dei lavori di una commissione di giuristi istituita dal ministro della Giustizia Carlo Nordio quasi un anno fa. E la norma approvata ieri dalle commissioni Bilancio e Affari costituzionali della Camera fornisce già alcune linee guida della futura riforma: innanzitutto la limitazione della responsabilità dei medici per omicidio colposo e lesione personale (articoli 589 e 590 codice penale) alla sola colpa grave. Sulla definizione di quando ricorre la colpa grave nell’atto medico l’idea a cui si sta lavorando potrebbe essere quella di ancorarla a quanto il camice bianco si allontana da linee guida e best practice (alla cui definizione sta lavorando l’Iss). Ma sul punto le visioni al momento sono diverse: se il ministro della Salute Orazio Schillaci “tifa” per una soluzione che condanni penalmente il medico solo in casi davvero limitati il ministro Nordio è più prudente. La norma del milleproroghe fornisce anche altri elementi che nella riforma potrebbero trovare posto e cioè le attenuanti della colpa medica: se durante il Covid lo scudo penale è stato varato per evitare cause contro i sanitari alle prese con l’emergenza pandemica per cui non si conoscevano bene le terapie da usare ora quello stesso scudo proteggerà medici e infermieri dal rischio di azioni penali «in situazioni di grave carenza di personale sanitario». Per la valutazione dei fatti «si tiene conto – si legge infatti nel testo approvato – delle condizioni di lavoro dell’esercente la professione sanitaria, dell’entità delle risorse umane, materiali e finanziarie concretamente disponibili in relazione al numero dei casi da trattare, del contesto organizzativo in cui i fatti sono commessi nonché del minor grado di esperienza e conoscenze tecniche possedute dal personale non specializzato».
Ieri i medici in coro hanno applaudito al ritorno dello scudo penale: «È una prima, importante risposta», ma ora «serve una legge organica» sulla responsabilità rofessionale, avverte il presidente della Federazione degli Ordini dei medici Filippo Anelli. Anche il sindacato degli ospedalieri Anaao Assomed auspica che «questa sia la prima tappa di un percorso che garantisca ai cittadini equità di accesso alle prestazioni sanitarie e ai professionisti la serenità necessaria per tornare a considerare appetibile il mestiere più bello del mondo», spiega il segretario Pierino Di Silverio. Mentre Guido Quici, presidente della Federazione CimoFesmed, chiede alla commissione Nordio di coinvolgere nei lavori anche «chi lavora tutti i giorni nelle strutture sanitarie»: «Sarebbe interessante – aggiunge – capire perché solo Italia, Messico e Polonia sono le uniche nazioni al mondo dove esiste una legge tanto penalizzante per gli operatori sanitari».
Il Sole 24 Ore