Uno studio condotto dall’Izsler ha indagato la diffusione della paratubercolosi nel cervo rosso, analizzando 390 soggetti del Parco Nazionale dello Stelvio. I risultati mostrano una diminuzione dell’infezione durante il periodo 2018-2022, evidenziando l’importanza di monitorare la malattia negli animali selvatici
Approfittando di una popolazione di cervo rosso sottoposta a un programma di abbattimento nel Parco Nazionale dello Stelvio, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna (Izsler) ha condotto uno studio su un totale di 390 soggetti, esaminati e testati per Mycobacterium avium subsp. Paratuberculosis (Map) utilizzando diversi strumenti diagnostici. La ricerca è stata eseguita dal Centro di Referenza per la paratubercolosi, presso la sede Izsler di Piacenza, e pubblicata su Frontiers in Veterinary Science. a paratubercolosi
La paratubercolosi (o malattia di Johne), causata da Map, è una malattia infettiva che colpisce principalmente i ruminanti domestici e selvatici di tutto il mondo ed è stata recentemente inserita dalla Legge sulla Salute Animale sulle malattie animali trasmissibili (Regolamento Ue 2016/429) tra le patologie che richiedono sorveglianza nell’Unione Europea, elencando Bovidi, Cervidi e Camelidi domestici e selvatici come specie potenziali serbatoi.
Il batterio responsabile viene escreto nelle feci ed è caratterizzato da un’elevata resistenza alle condizioni ambientali. Molte specie sono suscettibili all’infezione e l’interazione tra gli animali al pascolo può facilitare l’instaurazione di un sistema multi-ospite per Map. La situazione in Italia
In Italia, il primo caso segnalato di paratubercolosi nei ruminanti selvatici è stato identificato nel cervo reale (Cervus elaphus) nella parte meridionale del Tirolo del Parco Nazionale dello Stelvio, in provincia di Bolzano. Successivamente, la prevalenza della Map è stata stimata con metodi molecolari in diverse aree alpine.
Il Ministero della Salute italiano ha implementato la sorveglianza della paratubercolosi nei bovini dal 2013, recentemente estesa a capre e pecore, su base volontaria, e una certificazione basata sul rischio. Il piano prevede lo screening diagnostico, la sorveglianza clinica passiva sui ruminanti domestici e l’adozione di misure di biosicurezza e gestione.
Inoltre, la produzione zootecnica estensiva, in cui interagiscono animali domestici e selvatici, dovrebbe considerare entrambe le popolazioni per il controllo delle malattie.
Lo studio
Un totale di 390 soggetti è stato esaminato macroscopicamente e testato per la Map, utilizzando diversi strumenti diagnostici: qPCR IS900, coltura, istopatologia e sierologia.
Gli obiettivi dello studio sono stati principalmente due: indagare lo stato dell’infezione da Map nel cervo rosso tra il 2018 e il 2022 e valutare le relazioni tra la probabilità di essere Map-positivo e variabili individuali e a livello di campionamento (età, sesso, massa corporea o altre condizioni).
La conoscenza del ruolo epidemiologico degli animali selvatici è fondamentale per mitigare il rischio di infezioni da paratubercolosi, non solo per la popolazione del cervo rosso, ma anche per tutte le specie sensibili alla malattia che condividono lo stesso habitat. Nelle aree alpine, il rischio di trasmissione crociata tra ruminanti domestici e selvatici è particolarmente preoccupante durante l’estate, poiché le interazioni sui pascoli possono facilitare la creazione di un sistema multi-ospite, ma interazioni tra fauna selvatica e bestiame sono state segnalate anche riguardo all’alimentazione supplementare nel periodo invernale.
Nel Parco Nazionale dello Stelvio, nel periodo 2011-2015, è stata stimata una prevalenza di paratubercolosi del 20% nel cervo rosso. L’indagine relativa al periodo 2018-2022 ha evidenziato una diminuzione dell’infezione dal 12,4% (prima stagione di abbattimento) al 2,1% (stagioni 2019-2020 e 2021-2022), a fronte di assenza di segni di paratubercolosi clinica e di lesioni macroscopiche ascrivibili a Map.
I risultati dello studio hanno mostrato una maggiore probabilità di essere Map-positivi con l’aumentare dell’età e che i cervi con valori di massa corporea inferiori avevano maggiori probabilità di essere infettati. Tuttavia, la mortalità indotta dalla malattia stessa potrebbe aver contribuito al calo dell’infezione, fenomeno esacerbato durante gli anni dello studio a causa di un aumento delle nevicate che a sua volta potrebbe aver aumentato la mortalità dovuta alla fame invernale.
La riduzione della densità di popolazione del cervo, combinata con la selezione positiva causata dagli abbattimenti, che probabilmente ha portato all’eliminazione degli animali infetti, si ipotizza abbia contribuito alla riduzione della prevalenza nella popolazione in esame.
Lo studio, infine, sottolinea la necessità di aumentare i controlli nei confronti della paratubercolosi anche nei ruminanti selvatici, soprattutto nelle zone in cui co-abitano diverse specie, essendo l’interfaccia domestico-selvatico un punto critico nella trasmissione e gestione di questa patologia.
di Redazione Vet33