Quando parliamo di influenza aviaria non è certo l’Antartide il primo posto a cui pensiamo… gelo, bassissima densità di vita animata, spazi sterminati. Com’è possibile un contagio? Eppure gli scienziati hanno definito “catastrofica” la scoperta di casi di H5N1 nella regione, perché pinguini e foche presenti non sono mai stati esposti prima a questo virus e il pericolo che corrono è mortale. Si temono gravi ricadute sulle possibilità riproduttive delle già fragili specie selvatiche presenti nell’area, anche se l’impatto che l’arrivo del virus potrebbe avere non è stato ancora completamente chiarito.
Il virus è stato rinvenuto nella popolazione dello stercorario antartico (Stercorarius antarcticus), che rovista nei rifiuti sulla Bird Island, parte del territorio d’oltremare della Georgia del Sud. Questo uccello migratore ha probabilmente portato il virus nel suo viaggio dal sud America, dove l’influenza è ampiamente diffusa e ha già ucciso un numero stimato di 500 mila uccelli marini e 20 mila leoni marini solo tra Cile e Perù.
Il ceppo correntemente diffuso, ad oggi tra le varianti altamente infettive della H5N1 (iniziato nel 2021), ha decimato le popolazioni di uccelli selvatici. I ricercatori sono da tempo preoccupati per il potenziale impatto sulla vita antartica, perché molte delle specie che non si trovano altrove nel mondo vivono qui e non hanno sviluppato, non essendo mai entrate in contatto con il virus, alcuna possibile difesa immunitaria.
Gli scienziati della British Antarctic Survey (BAS), organizzazione che si occupa di ricerche in ambito naturalistico, hanno raccolto numerosi campioni di uccelli trovati inspiegabilmente morti e hanno spedito i tamponi nel Regno Unito per le analisi, dove hanno ricevuto le conferme che nessuno avrebbe voluto avere.
La Bird Island è considerata uno dei siti che, a livello planetario, ospita tra le maggiori concentrazioni di biodiversità selvatica, tra cui numerose specie di uccelli dichiarati a rischio e costituisce l’areale riproduttivo per circa 50 mila pinguini e 65 mila coppie di otarie. Siamo a circa 900 km dalle più note isole Falkland.
Una valutazione del rischio redatta da SCAR, il Comitato Scientifico per la Ricerca in Antartide, dichiara che le foche, i leoni marini, gli stercorari e i gabbiani sono le specie più in pericolo, seguite da pinguini, rapaci, chioni bianchi e petrelle giganti. Principale autrice del report è la dott.ssa Meagan Dewar, direttrice dell’Antarctic Wildlife Health Network, che ha commentato i risultati come un potenziale dramma per la regione per “l’impatto devastante che potrebbe avere su molte specie selvatiche”, invitando l’attivazione di programmi di sorveglianza che monitorino nuovi ed emergenti agenti patogeni.
Purtroppo l’influenza aviaria si diffonde facilmente attraverso i viaggi degli uccelli migratori e quindi questo arrivo indesiderato era comunque, presto o tardi, atteso dai ricercatori i quali, proprio a causa di questi primi test risultati positivi, hanno dovuto interrompere la manipolazione dei volatili e modificare la dotazione base di chi lavora sul campo, che dovrà indossare dispositivi di protezione ed equipaggiamento adeguato e pulito.
Una notizia che viene diffusa poco dopo la scoperta che alcuni uccelli marini del Regno Unito si sono dimostrati immuni all’H5N1. Ci consoliamo spesso dicendo che “ogni cosa fa il suo giro”, e la natura lo dimostra. Ma lo fa su tempi molto più lenti dei nostri ed è dunque probabile che alcune specie, fortemente minacciate e più fragili di altre, corrano un rischio talmente grande dal quale potrebbe essere molto difficile riprendersi.
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