In pratica è una morsa quella che stritola i giovani, che dovendosi accontentare di salari il più delle volte molto bassi, in prospettiva avranno pensioni altrettanto basse costringendo tanti a lavorare ben oltre la soglia dei 67 anni.
«È incredibile come questo governo, nonostante slogan e promesse, sia riuscito a penalizzare tutte e tutti: anche i giovani, come le donne, sono poveri al lavoro e saranno sempre più poveri in pensione, e di fatto per loro sarà impossibile accedere a quella anticipata», denuncia la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione.
I giovani rischiano di essere i più penalizzati, non solo perché gli under 35 fanno più fatica ad entrare nel mercato del lavoro e quando lo fanno hanno contratti atipici o a tempo determinato con retribuzioni basse, ma anche sul fronte previdenziale pagheranno un prezzo più alto. Infatti per tutti coloro che hanno iniziato a versare i contributi dopo il 1 gennaio 1996 il nostro sistema previdenziale contributivo prevede un accesso al pensionamento anticipato solo laddove si perfezioni un importo minimo di pensione, e il combinato disposto dell’andamento di crescita dei salari, che nel nostro Paese aumentano sempre meno, e delle scelte dell’esecutivo sull’innalzamento dell’asticella per la pensione anticipata a 3 volte l’importo dell’assegno sociale secondo la Cgil ha come effetto di rendere quest’ultima praticamente impossibile per i giovani.
I numeri messi in fila dall’Ufficio previdenza della Cgil nazionale lo fanno capire bene: secondo i dati Istat i salari nel biennio sono cresciuti del 4,4%, ma nello stesso periodo l’importo soglia per l’accesso alla pensione nel sistema contributivo (assegno sociale) è cresciuto del 13,5%. «Vi è quindi una differenza del 9,1% che si traduce in una perdita secca sia di potere di acquisto che dell’ammontare della pensione», sottolinea il responsabile previdenza Ezio Cigna. «Come se non bastasse – prosegue – l’esecutivo ha deciso di portare il requisito di accesso alla pensione anticipata con 64 anni di età e almeno 20 di contributi, a 3 volte l’importo dell’assegno sociale, e dal 1 gennaio di quest’anno i requisiti di accesso a 64 anni cambiano radicalmente». Risultato: se nel 2022 bastavano 1.309,42 euro per accedere al pensionamento anticipato, adesso ne serviranno 1.603,23, con una differenza nel biennio pari a 293.81 euro, il 22,4% in più.
L’analisi l’Ufficio previdenza della Cgil spiega anche quanti contributi sarebbero necessari per colmare questo gap. «Considerando il coefficiente di trasformazione in vigore attualmente a 64 anni pari a 5,184 abbiamo calcolato che sarebbero necessari 74.000 euro di contributi – spiega Cigna -. Considerando l’aliquota previdenziale al 33%, per accantonare tale importo di contributi bisognerebbe avere retribuzioni per 224.500 euro. Per perfezionare il nuovo requisito, dal 2024 almeno 3 volte l’assegno sociale, pari a 1.603,23 euro, bisognerà quindi raggiungere un montante contributivo pari a 402.500 euro, una cifra impossibile da raggiungere per la maggioranza dei giovani (+ 74.000 euro)».
Questo sistema inoltre penalizza i più poveri. Ad esempio un lavoratore con una retribuzione di 5.000 euro lordi per 12 mesi che ha lavorato per 20 anni, accantonando una pensione a 64 anni pari a 1.620 euro, potrà andare in pensione anticipata, mentre una lavoratrice delle pulizie che lavora part time 6 ore al giorno con una retribuzione di 600 euro al mese per 13 mesi (7800 euro annui) maturerà una pensione di 440 euro lorde, quindi non potrà accedere alla pensione anticipata. Non potrà neanche accedere a quella di vecchiaia a 67 anni e 20 anni di contribuzione, visto che non riuscirebbe a maturare nemmeno la soglia prevista nell’ultima legge di bilancio, nel 2024 pari a 534 euro.
«Esiste un’emergenza giovani nel nostro paese, lo dicono chiaramente tutti i dati», sintetizza Ghiglione. «Per noi è necessario rafforzare il patto intergenerazionale: se non si daranno certezze ai giovani sulla loro pensione futura, incentivandoli a rimanere attivi nel mercato del lavoro e a versare i contributi, si rischia davvero di andare incontro ad una crisi profonda dell’attuale sistema».
La proposta avanzata da tempo da Cgil, Cisl e Uil è nota e punta a introdurre una pensione contributiva di garanzia inserendo elementi di solidarietà all’interno del sistema e agendo attraverso il mix tra anzianità ed età di uscita. «Il che vuol dire – conclude Ghiglione – che più crescono contribuzione ed età anagrafica, più aumenta l’assegno di garanzia, valorizzando tutti i periodi degni di tutela come il lavoro di cura, i periodi di disoccupazione, la formazione, le politiche attive, gli stage».
La Stampa