Il nuovo modello. È pronto lo strumento che calcola in base a posti letto e tipologia di pazienti il numero di medici e infermieri necessario a ogni ospedale. L’obiettivo è sostituire l’attuale vincolo sulle assunzioni. Allarme carenza. Si stima che manchino almeno 70mila infermieri e circa 20mila medici. A pesare su queste carenze è il tetto di spesa sul personale che da quasi 20 anni frena le assunzioni nel Servizio sanitario
Finalmente si potrà stabilire quanti medici e infermieri servono in ogni ospedale per singolo reparto in base ai posti letto e alla tipologia di pazienti che sono curati in quelle stesse corsie. Questo grazie a un sistema tagliato come un abito su misura in grado di definire ogni anno per la singola struttura un livello minimo di personale necessario per aprire il reparto (e avere l’accreditamento) e anche un tetto massimo: in questo range le Regioni nella loro autonomia potranno decidere quanti camici bianchi e operatori sanitari servono per far funzionare i loro ospedali.
A calcolarlo è il nuovo algoritmo frutto della sperimentazione a cui lavora l’Agenas, l’Agenzia per i servizi sanitari regionali, insieme ai tecnici di Regioni, Mef e ministero della Salute. Una sperimentazione, prevista dalla legge di bilancio del 2022 e da un successivo decreto firmato da Mef e Salute sul «metodo per la determinazione del fabbisogno di personale del Ssn», che è alle battute finali e che consegnerà entro l’estate i risultati di questa metodologia ai ministri Schillaci e Giorgetti dopo una condivisione anche con i sindacati.
Per il mondo della Sanità questo algoritmo potrebbe rappresentare una specie di “sacro Gral” per provare ad affrontare una volta per tutte l’emergenza legata alla carenza cronica di medici e infermieri dopo quasi 20 anni di tetto di spesa sulle assunzioni del personale nel Ssn che tanti danni ha provocato. Una svolta quella dell’addio a questo tetto di spesa statico – che calcola gli spazi sulle assunzioni su quanto è stato speso nel 2004 tolto l’1,4% – che lo stesso ministro Orazio Schillaci si è impegnato a superare entro l’anno e che anche la premier Giorgia Meloni durante il recente question time in Parlamento culminato nello scontro con la segretaria Pd Elly Schlein sulla Sanità ha definito come «un obiettivo che abbiamo e che contiamo di raggiungere quanto prima, compatibilmente con gli impegni di finanza pubblica».
La tabella di marcia sarebbe già definita: dopo il primo test di questo algoritmo sui dati del 2022 su un campione di 9 Regioni nelle prossime settimane arriveranno i risultati sui dati del 2023 stavolta con il coinvolgimento di tutte le Regioni. Una volta calcolati i fabbisogni di personale per ogni ospedale i risultati definitivi saranno consegnati al massimo entro settembre al Governo in modo da poter arrivare all’addio al tetto di spesa con la prossima legge di bilancio da chiudere il prossimo dicembre. Al momento i primi dati raccontano che tutte le regioni – chi più e chi meno (l’Emilia in particolare sarebbe messa meglio delle altre) – si trovano sotto l’asticella massima di personale indicata dall’algoritmo. Il punto di forza di questo strumento è la sua flessibilità e la capacità di fotografare nel dettaglio il fabbisogno del personale partendo dai letti presenti in un ospedale per i vari reparti (geriatria, medicina, chirurgia, ecc.) e dai cosiddetti Drg – i casi trattati – che indicano anche la complessità delle prestazioni erogate. Un sistema cucito sul singolo ospedale che tiene conto anche delle ore lavorate dal personale (un dato da poco entrato nel sistema di calcolo del conto annuale) e che è in grado di aggiornare la determinazione dei fabbisogno ogni anno in base ai nuovi dati.
«Con questo lavoro consegniamo al Governo la possibilità di superare un tetto statico che per 20 anni ha creato molti problemi: grazie a un algoritmo introduciamo una specie di abito su misura per ogni ospedale», avverte Domenico Mantoan direttore di Agenas che tira le fila dei lavori di questa nuova metodologia. Mantoan sottolinea come finora «sia stata sbagliata la programmazione dei professionisti della Sanità. Questo è uno strumento che offre la possibilità anche di programmare nel tempo il numero di professionisti aggiornando il fabbisogno con un metodo dinamico e non con uno strumento brutale come è stato quello del tetto di spesa».
Certo sostituire l’attuale tetto sulle assunzioni – in vigore da quasi 20 anni e sempre riconfermato dai Governi di tutti i colori politici (l’ultima modifica nel 2019 consente in realtà di scegliere il più favorevole tra due tetti) – con il nuovo meccanismo non basterà a risolvere il problema della carenza legato anche alla difficoltà di trovare operatori disponibili e alla poca attrattività del Servizio sanitario, tra stipendi bassi e turni massacranti. Ma può essere il primo passo concreto per superare l’emergenza personale che si è aggravata con il Covid.
Il Sole 24 Ore, Marzio Bortoloni.