I contenuti dell’ordinanza sono chiari e lineari; tuttavia è quanto mai necessario fare una precisazione perché la notizia, qualora non contestualizzata, potrebbe generare degli equivoci. Infatti, la Cassazione è intervenuta su una questione molto particolare e, se è vero che ha una disciplina pregressa piuttosto univoca, è altrettanto vero che la pronuncia non è più attuale e le decisioni degli Ermellini valgono per situazioni passate, oggi completamente diverse.
Il punto chiave dell’ordinanza è il richiamo dell’art. 65, comma 3, del Ccnl del 5 dicembre 1996 per la ex Area IV della dirigenza medica e veterinaria che recitava “la retribuzione di risultato compensa anche l’eventuale superamento dell’orario di lavoro [per] il raggiungimento dell’obiettivo assegnato”. Ebbene, la citata clausola contrattuale e il connesso principio retributivo non sono più in vigore. Un singolare coincidenza vede addirittura nello stesso giorno 23 gennaio pubblicata la notizia dell’ordinanza in parola e l’entrata in vigore del nuovo Ccnl della dirigenza sanitaria che, nella materia che qui interessa, ha cancellato proprio il ricordato art. 65, comma 3, del lontano 1996. L’art. 70, comma 9, del Ccnl del 23 gennaio 2024 ha, infatti, disapplicato l’ultimo periodo dell’art. 65, comma 3, del Ccnl del 5.12.1996 che finora era sempre stato la causale giuridica per negare il riconoscimento economico delle eccedenze orarie prestate dai medici che non rientrassero nelle fattispecie delle guardie notturne e festive e della chiamata dalla pronta disponibilità ovvero di altre attività non programmabili. Ma c’è di più, perché con il contratto collettivo appena entrato in vigore è stata revisionata anche la morfologia del lavoro straordinario che è ora limitato esclusivamente a situazioni di lavoro eccezionali e alla chiamata in servizio del reperibile (art. 31, comma 1). La problematica delle eccedenze orarie prestate per anni dai medici è stata senza alcun dubbio il principale e spinoso nodo per la chiusura del rinnovo contrattuale.
In conclusione, le recenti determinazioni della Corte di Cassazione – pienamente conformi a quelle consolidate in passato – devono essere ritenute un sorta di pronuncia “usa e getta” perché dal 24 gennaio nessuna azienda sanitaria potrà resistere alle vertenze dei medici come è stato fatto ripetutamente negli anni scorsi ma si dovrà applicare l’art. 27, cioè la clausola contrattuale che – per quanto contorta e complicatissima da mettere a terra – ha consentito la chiusura di una vertenza annosa.
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