Stefano Simonetti, Il Sole 24 Ore sanità. L’attesa è dunque finita e martedì 23 gennaio alle ore 11 è stato firmato in via definitiva il rinnovo del CCNL dell’Area Sanità. Sono passati 116 giorni dalla sigla della Preintesa del 28 settembre 2023 e il tempo trascorso per la integrazione dell’efficacia è tutto sommato in linea con il passato, visto che il contratto precedente venne firmato il 19.12.2019, a 147 giorni dalla Ipotesi di contratto del luglio, ma c era di mezzo il periodo estivo. Qualcuno ha detto che ieri si è chiusa ufficialmente la stagione dei rinnovi contrattuali 2019/2021, ma non è così, perché mancano ancora alcune sottoscrizioni: il CCNL dell’Area delle Funzioni locali (con i quasi 5.000 dirigenti PTA), la cui Preintesa è stata siglata l’11 dicembre scorso, il CCNL dell’Area dell’Istruzione e ricerca, Il CCNL del personale della Presidenza del Consiglio nonché – per ciò che concerne la Sanità – la chiusura del CCNL relativo alla Sezione del personale del ruolo della Ricerca Sanitaria del comparto Sanità, siglato nell’ormai lontano 19 luglio 2023.
I destinatari del rinnovo sono circa 135.000, per la precisione 134.636 sebbene tale numero si riferisca al dato del 31.12.2018 ricavato dal Conto annuale ed è sicuramente cambiato. Si tratta di tutti i dirigenti del ruolo sanitario, cioè medici, veterinari, biologi, chimici, fisici, farmacisti, psicologi e dirigenti delle professioni. Gli effetti della stipula del 23 gennaio per i dirigenti sanitari si vedranno immediatamente nella busta paga di febbraio per ciò che attiene agli istituti a contenuto economico e normativo con carattere vincolato ed automatico che devono essere applicati dalle Aziende e Enti entro il 22 febbraio prossimo, come impone l’art. 2, comma 3; credibilmente si tratta dell’aggiornamento dei valori tabellari, del contestuale aggiornamento dell’indennità di esclusività, di quelle di specificità medico-veterinaria, di direzione di struttura complessa, di polizia giudiziaria, delle nuove indennità di specificità sanitaria e di rischio manipolazione materiali nonché, infine, della una tantum. Non sono invece vincolati ai 30 giorni e necessitano di elaborazioni e passaggi vari l’aggiornamento dei fondi e dei relativi minimi, tutte le indennità legate alle condizioni di lavoro e la nuova indennità di pronto soccorso. Nel calcolo degli arretrati dovuti dovrà essere conguagliata l’anticipazione erogata dall’aprile 2019, quella che una volta si chiamava indennità di vacanza contrattuale. Non sparisce invece la “seconda” anticipazione perché concerne il triennio 2022-2024; anzi tutti i dirigenti dovranno percepire – quando, peraltro, non si sa – quel benefit previsto dal comma 28 della legge 213/2023 battezzato “supertredicesima”, termine che ormai non ha più senso dato che sembra che solo due Regioni l’abbiano pagato a dicembre 2023. Stiamo parlando della anticipazione percepita fin dal 1° luglio 2022, pari allo 0,5 % dello stipendio tabellare che, ai sensi della norma richiamata, deve essere moltiplicata per 6,7: in pratica € 1.516,41 annui. Tuttavia, non è così semplice la questione perché il valore sopra indicato fa riferimento ad uno stipendio tabellare di € 45.260,77 che oggi è stato sostituito da quello di 47.015,77, sancito dall’art. 61, comma 3, del CCNL appena firmato.
Il testo che le nove sigle sindacali maggiormente rappresentative si sono trovate sul tavolo per la firma – che hanno apposto tutte più otto Confederazioni – è sostanzialmente quello della Preintesa del 28 settembre che ha ricevuto la prescritta autorizzazione da parte del Comitato di Settore fin dal 24 ottobre, alla quale è seguito il parere favorevole del Consiglio dei Ministri rilasciato nella seduta del 19 dicembre e, infine, il referto della Corte del Conti il 16 gennaio. Quest’ultimo, secondo il comunicato ufficiale, prevede la “positiva certificazione pur con le osservazioni contenute nel rapporto allegato alla deliberazione, in corso di stesura”. Le deliberazioni adottate dalle sezioni riunite in sede di controllo vengono pubblicate dopo qualche giorno, per cui non è ancora possibile sapere oggi quali siano tali osservazioni. Sono invece note le modifiche e integrazioni fatte sul testo definitivo rispetto a quello di quattro mesi fa. Infatti, l’Agenzia negoziale ha apportato 28 punti di errata corrige, dovuti in parte a banali errori materiali e altri motivati da rilievi e richieste avanzati dal MEF in sede di parere. Confrontando i due testi, è piuttosto agevole individuare quali sono i meri refusi e quali le imposizioni del Governo (plausibilmente le modifiche agli artt. 22, 25, 56, 78, 86 e 89). Nella maggior parte delle modifiche si tratta di eccessi di pignoleria mentre particolarmente significative appaiono le manipolazioni – perché tali sono – come la cancellazione del comma 3 dell’art. 86 relativo alle attività extra degli specializzandi e, soprattutto, nell’art. 78 l’aver ribadito che l’esposizione al rischio radiologico deve essere “in modo permanente”. In quest’ultimo caso le parti negoziali avevano evidentemente ritenuto improprio l’aggettivo “permanente”, visto che quando un dirigente è in ferie o in malattia l’esposizione non avviene e, in ogni caso, le condizioni sono accertate sotto la propria esclusiva responsabilità dall’Esperto di radioprotezione, a prescindere dalla semantica del MEF. Anche le dichiarazioni congiunte hanno subito degli aggiustamenti: è stata aggiunta la attuale n. 5 mentre quella precedente con lo stesso numero è stata cancellata (in verità era davvero criptica).
I contenuti del contratto collettivo sono ormai noti da mesi, sia nelle parti positive e innovative sia in quelle che potevano sicuramente essere scritte meglio. Brevemente riassumo i punti strategici del rinnovo, già commentati nel dettaglio su questo sito:
•il nuovo regime dell’orario di lavoro che comporterà ben cinque distinte configurazioni normo-economiche del lavoro prestato (commento del 2 ottobre 2023);
•il sistema degli incarichi e delle sostituzioni, nettamente più lineare ed esigibile;
•la disciplina del patrocinio e tutela legale (commento dell’11 ottobre 2023), tematica assolutamente in evoluzione e strettamente connessa a quella della depenalizzazione dell’atto medico;
•pulizia dal testo contrattuale di tutti i “di norma” e di “regola” (commento del 21 novembre 2023).
Rimane, infine, la questione dell’art. 26, concernente i cosiddetti incarichi multiaccesso. La norma è identica a quella della Preintesa ed è davvero singolare che il MEF e la Funzione pubblica abbiano profuso pedante cavillosità ma non hanno trovato nulla di strano in una clausola contrattuale che – senza giri di parole – è illegittima e assurda. Ho già puntualizzato le anomalie dell’art. 26 nell’articolo del 6 ottobre 2023 al quale aggiungo la considerazione che l’unico modo per rendere applicabile questa norma era prevedere una disposizione omologa nel CCNL della dirigenza PTA ma, come è noto, nella Preintesa dell’11 dicembre dell’Area delle Funzioni locali scorso non c’è nulla. Di conseguenza, la assurdità dell’art. 26 risalta ancora maggiormente e questa situazione genererà tensioni, polemiche e sicuro contenzioso.
Potrebbe interessarti anche
Scrivi un commento