Proviamo a riassumere la situazione dei contratti collettivi. Le risorse finanziarie sono state stanziate, la volontà politica è stata ripetutamente manifestata, la precedenza, come promesso, questa volta dovrebbe essere per la Sanità: mancava soltanto un passaggio formale e propedeutico in ogni tornata contrattuale, cioè il contratto quadro per la definizione dei comparti di contrattazione. Ora anche quest’ultimo step è stato realizzato con la firma del CCNQ intervenuta alle ore 15 del 9 gennaio scorso. Ci si aspetta dunque un rapida apertura delle trattative e una altrettanto rapida stipula dei rinnovi contrattuali che, ricordiamolo sempre, si riferiscono al triennio 2022-2024. Sarebbe veramente “innovativo” chiudere un contratto prima della sua stessa scadenza.
Per 140mila dirigenti del Ssn il contratto è scaduto da 13 mesi
Tuttavia non si può dimenticare che la tornata precedente non è affatto conclusa perché le preintese delle due aree dirigenziali sono tuttora in corso di perfezionamento: quella dell’Area della Dirigenza sanitaria risale all’ormai lontano 28 settembre mentre quella dell’Area delle Funzioni locali, con la sezione della dirigenza PTA, è dell’11 dicembre. Sono circa 140.000 i dirigenti del S.s.n. che attendono il rinnovo di un contratto che, in ogni caso, è scaduto da 13 mesi. Vedremo come evolverà il percorso dei rinnovi e, soprattutto, se tutto quello che è stato annunciato sarà effettivamente realizzato. L’accordo quadro è stato sottoscritto da tutte le 12 (in precedenza erano 13) Confederazioni maggiormente rappresentative, tranne due e, come tutti i contratti, necessita di una fase di integrazione di efficacia per arrivare alla sottoscrizione definitiva. Passi per il parere da parte del Consiglio dei Ministri ma, francamente, il vaglio della Corte dei Conti, benché prescritto dalla legge, sembra in questa circostanza davvero un orpello burocratico visto che non sono previste variazioni nella composizione dei comparti né, conseguentemente, oneri aggiuntivi per la successiva contrattazione di settore. Una variazione sostanziale che poteva essere attuata era quella relativa alle aziende ove prevale l’aspetto didattico, cioè le nove “aziende ospedaliere universitarie integrate con il Servizio sanitario nazionale” (i vecchi Policlinici a gestione diretta), da sempre nel comparto Istruzione e ricerca e a quelle dove prevale l’aspetto assistenziale – le diciassette “aziende ospedaliere integrate con l’università” – rimaste ovviamente nel comparto della Sanità. In merito, si era profilata l’idea di unificare tutte le aziende ospedaliere nella Sanità ma, come si è visto, non si realizzato nulla di ciò.
I punti chiave del nuovo contratto firmato in settimana
Nel frattempo, si può comunque fare un commento di massima sul contratto quadro firmato in settimana. In realtà, non ci sarebbe nulla da dire perché il testo è assolutamente uguale a quello precedente risalente al 3.8.2021, con la integrazione per le aree dirigenziali del 20.8.2022. Gli articoli che interessano la Sanità pubblica sono il 6 e il 7 e l’unica integrazione si rileva nella elencazione di cui all’art. 3 laddove si è aggiunta l’Azienda Regionale della Salute Sardegna – ARES Sardegna. Si sottolinea che è stata mantenuta la distinzione tra Dirigenza Sanitaria – con 9 profili – e Dirigenza professionale, tecnica e amministrativa, che annovera complessivamente 8 profili. La collocazione separata era già stata oggetto di una precisa scelta del legislatore quando, con il comma 2 dell’art. 8-bis della legge 112/2023 (conversione in legge del DL cosiddetto PA bis”), si è disposta l’abrogazione del “comma 687” che imponeva il ritorno – o, più correttamente, l’unificazione – della Dirigenza PTA con gli altri dirigenti dell’Area Sanità. Nel contratto vengono reiterate alcune imprecisioni già presenti in passato. Sto parlando di questioni di punteggiatura e di alcune declinazioni ma, soprattutto, del cambiamento metodologico già attuato nel 2021 che mi lascia alquanto perplesso per la esaustività dell’elencazione che, in un contesto di natura tassonomica, deve essere puntuale. Se le parti hanno sentito la necessità di chiudere l’elencazione con una formulazione-omnibus, che bisogno c’era di indicare le 10 realtà sovraaziendali le quali nel periodo di vigenza del CCNQ potrebbe diventare 15 o più ? Forse con la formulazione “Altre aziende, enti e amministrazioni individuate dalle leggi regionali di organizzazione del sistema sanitario regionale” si sarebbe potuto avere uno scenario più completo e, soprattutto, preciso, considerato tra l’altro che nell’ultimo alinea dell’art. 6 si prevede “altri enti del servizio sanitario”, formulazione tanto onnicomprensiva quanto impropria visto che, quanto meno, doveva essere specificato se “nazionale” o “regionale” e, inoltre, aver dimenticato la parola “aziende” è piuttosto singolare.
Dimenticati per la seconda volta i dirigenti sociologi e assistenti sociali
Ma, a prescindere dalla correttezza formale di quanto sopra segnalato che, alla fine della fiera, non ha ricadute sostanziali, quello che non può essere sottovalutato è l’aver dimenticato per la seconda volta la esistenza del ruolo socio sanitario cui appartengono i dirigenti sociologi e i dirigenti assistenti sociali. Ho detto per la seconda volta, perché quando venne stipulato il precedente CCNQ il 20 agosto 2022 era già in vigore da quasi un anno l’art. 34, comma 9-ter, della legge n. 106 del luglio 2021 che ha istituito il ruolo sociosanitario all’interno del quale troviamo il Sociologo, unitamente all’Assistente sociale e all’Operatore sociosanitario. Poi sono intervenuti l’Atto di indirizzo del 28.6.2023 e la Preintesa dell’11.12.2023, dove in ambedue mai si fa un benché minimo riferimento ai dirigenti sociologi. La situazione sembra davvero kafkiana: nel testo dell’odierno contratto quadro si ribadisce che l’Area della Sanità comprende i dirigenti medici, veterinari, odontoiatri, sanitari e delle professioni sanitarie delle amministrazioni del comparto Sanità “con esclusione dei dirigenti amministrativi, tecnici e professionali di cui al comma 3” (art. 7, comma 5). Ma la sezione dell’Area delle Funzioni locali è dedicata ai “dirigenti amministrativi, tecnici e professionali delle amministrazioni del comparto Sanità” (art. 7, comma 3), senza alcun accenno al ruolo socio sanitario. Il sociologo, non appartenendo più al ruolo tecnico, non dovrebbe essere ricompreso nella sezione dell’Area delle Funzioni locali dedicata alla dirigenza PTA ma non può certamente rientrare in quella della dirigenza sanitaria per l’esclusione richiamata o, meglio, per la mancata l’esplicita inclusione. E, quindi, quale è l’area di appartenenza visto che i “ruoli” nati nel 1979 nel numero di quattro sono da più di due anni diventati cinque ?
Il caso delle 16 società della salute presenti in Toscana
Da ultimo, devo segnalare una questione forse marginale ma, a mio parere, sottovalutata. Mi riferisco al personale dipendente delle 16 Società della salute presenti in Toscana. La legge istitutiva prevede che al personale di questi soggetti istituzionali si applichi il CCNL della Sanità. La prima stesura dell’art. 71-sexiesdecies della LR 40/2005 diceva che “si applica, in via transitoria e fino alla ridefinizione da parte dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) del contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), il contratto relativo al personale del servizio sanitario nazionale”.
Successivamente, visto che evidentemente a Roma non si risolveva la questione, le parole di cui sopra sono state sostituite con “il trattamento giuridico ed economico previsto per i dipendenti del servizio sanitario nazionale”. L’aspetto formale è marginale perché in questo frangente quello che conta è la sostanza e cioè che l’ascrizione di una amministrazione ad un comparto di contrattazione collettiva è materia di competenza esclusiva del Contratto quadro (art. 40, comma 2, del d.lgs. 165/2001) e la legge regionale non può disporre autonomamente o in deroga. E’ chiaro che la situazione è talmente consolidata da anni che la mia osservazione è del tutto virtuale, ma per la memoria storica è comunque importante ricordarlo. E se si prende a riferimento l’art. 6 del CCNL oggetto del presente lavoro, non si risolve la questione in quanto anche la locuzione finale onnicomprensiva (“Altri enti del servizio sanitario”) non è di supporto perché le Società della Salute non fanno parte del Servizio sanitario.
Stefano Simonetti – Il Sole 24 Ore sanità
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