A dominare le discussioni è ancora la questione del dimezzamento del fondo per le modifiche parlamentari, subito ribattezzato «tesoretto» con un automatismo lessicale che nemmeno l’esiguità delle risorse è riuscita a fermare. I 100 milioni originari, come anticipato sul Sole 24 Ore di sabato, sono stati dimezzati dal dirottamento di 50 milioni all’emendamento che completa le coperture per il rinnovo degli accordi sul personale di difesa e sicurezza, finanziato anche con 45 milioni in tre anni sottratti al fondo per l’accoglienza dei migranti e per il sostegno ai Comuni per la gestione dei minori non accompagnati. Le due tagliole hanno acceso una mezza rivolta fra i senatori, unici titolari di possibile modifiche perché alla Camera resterà il tempo solo per una rapida ratifica sotto Capodanno, e dei sindaci. Ma sulla questione del fondo interviene dalla maggioranza Dario Damiani, senatore di Forza Italia e uno dei tre relatori alla legge di bilancio «Rimane di 100 milioni – assicura – anche attraverso la possibilità di utilizzare tutta una serie di capitoli di investimenti».
Sulla questione interviene anche l’opposizione, con Tino Magni (Alleanza Verdi e Sinistra) che parla di «discussione un po’ vergognosa» e chiede un accordo per finanziare con quelle risorse «uno o due argomenti, come il fondo affitti o i centri antiviolenza». Sull’ipotesi dell’accordo non chiude le porte la maggioranza, sempre con Damiani: «Sono temi importanti, e sono già presenti nei pacchetti di maggioranza. Se loro vogliono sposare le nostre proposte, siamo d’accordo».
Intanto anche la lettura degli emendamenti governativi già arrivati ha prodotto qualche amara sorpresa, in particolare agli amministratori locali e proprio sul terreno degli investimenti. Perché è vero che i 432 milioni indirizzati ai Comuni in parte per alleggerire la spending review nascono dal riutilizzo dei fondi Covid non spesi, ma il ritorno nella disponibilità degli enti locali di queste risorse che altrimenti sarebbero state parcheggiate nei conti dello Stato aumenta la loro capacità di spesa dei sindaci e ha bisogno quindi di una copertura in termini di saldi di finanza pubblica. Per assicurarla, viene tagliato un fondo che in tre anni avrebbe finanziato 170 milioni di investimenti in circa 2mila Comuni sotto i mille abitanti. Per evitarlo sono partiti i confronti sui subemendamenti (il termine scade oggi), mentre una copertura simile riguarda le Regioni che si devono impegnare ad alimentare con fondi propri investimenti per 250 milioni finora finanziati da risorse statali.
In questi margini risicati provano a farsi largo in maggioranza, soprattutto da Fi, ritocchi «non onerosi» sul superbonus dei condomini, ma la strada appare strettissima anche per non riaprire un dossier incandescente nei tempi ormai risicati per l’esame della manovra.