di Enrico Marro
Le organizzazioni dell’intersindacale medica hanno confermato lo sciopero della sanità pubblica di lunedì 18 dicembre, nonostante il governo abbia presentato in Senato un emendamento all’articolo 33 della legge di Bilancio con una parziale marcia indietro sui tagli dell’assegno previdenziale per i lavoratori di sanità, enti locali, asili e uffici giudiziari che andranno in pensione dal 2024 in poi. Tagli che, come spiegato in audizione dall’Ufficio parlamentare di bilancio colpirebbero 31.500 lavoratori nel 2024 e 732.300 a regime, cioè fino al 2043. Il taglio sarebbe mediamente piccolo il primo anno (365 euro nel 2024) per salire gradualmente (530 euro nel 2025, 938 nel 2028) fino a 3.110 euro nel 2043. Lo Stato risparmierebbe in venti anni 21 miliardi netti.
La correzione del taglio
L’emendamento del governo elimina il taglio per chi andrà in pensione di vecchiaia (a 67 anni) e, solo per medici e infermieri, lo attenua per chi andrà in pensione anticipata, nel senso che esso potrà essere ridotto di un trentaseiesimo per ogni mese di ritardo nel pensionamento. Questo significa che per azzerare il taglio il lavoratore dovrebbe restare in servizio per tre anni (36 mesi) dopo il raggiungimento del requisito per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi, un anno in meno per le donne). Dovrebbe in sostanza lavorare per 46 anni. Non solo. L’emendamento dispone un allungamento della «finestra», il tempo che si aspetta tra la maturazione e il pagamento della pensione anticipata. Ora esso è di tre mesi. Salirà, per tutti i lavoratori delle 4 casse interessate all’articolo 33 della legge di Bilancio, a 4 mesi nel 2025, 5 nel 2026, 7 nel 2027 e 9 dal 2028.
Correttivi a costo zero
Di conseguenza, l’emendamento prevede che medici e infermieri possano restare in servizio fino all’età di 70 anni. L’allungamento delle finestre, si legge nella relazione tecnica, assicurerà gli stessi risparmi previsti dal testo iniziale della manovra. Proprio per questo è difficile che il governo possa accettare ulteriori correttivi: andrebbero trovate le coperture. L’articolo 33 potrebbe però cadere, ma non subito, sotto la scure della magistratura. Le categorie interessate si preparano infatti a promuovere una serie di cause contro la norma con l’obietttivo di arrivare al giudizio di incostituzionalità.
Pensioni bancomat?
I 21 miliardi netti di risparmi in 20 anni che verranno assicurati dall’articolo 33 si sommano ai circa 37 previsti nei prossimi 10 anni grazie al raffreddamento del meccanismo di indicizzazione delle pensioni superiori a 4 volte il minimo (2.394 euro lordi), deciso già un anno fa e inasprito con questa manovra solo per le pensioni superiori a 10 volte il minimo (5.986 euro lordi), dove la percentuale di adeguamento al costo della vita scende dal 32 al 22%. Nonostante queste manovre, secondo le proiezioni contenute nella Nota di aggiornamento al Def, la spesa per la previdenza aumenterà da circa il 16% del Pil al 17,2% nel 2035, soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione.
Le nuove Ape, Opzione donna e Quota 103
Scenari preoccupanti che hanno spinto il governo a interventi restrittivi sui vari canali di pensionamento anticipato. Così da un lato Quota 103, Ape sociale e Opzione donna sono stati prorogati ancora per un anno, ma dall’altro con requisiti più severi. I lavoratori delle categorie fragili (disoccupati, caregivers, invalidi, attività gravose) potranno accedere all’Ape (assegno ponte fino a 1.500 euro al mese fino al raggiungimento della pensione) a partire dall’età di 63 anni e 5 mesi e non più 63, il che ridurrà la platea di lavoratori interessati a circa 12.500 nel 2024 rispetto ai 16.500 degli ultimi anni. Sarà invece verticale il crollo delle donne che accederanno a Opzione donna: 2.200 nel 2024, più o meno come nel 2023, ma circa un decimo di quelle precedenti alla stretta decisa un anno fa col restringimento della platea a caregivers, invalide, licenziate o dipendenti di aziende in crisi. Dal 2024, secondo la manovra, serviranno inoltre 61 anni d’età e non più 60.
Infine, Quota 103 (in pensione a 62 anni con 41 di contributi). La Lega ha fatto fuoco e fiamme per far rimangiare al governo Quota 104 dal 2024, ma ha dovuto ingoiare un peggioramento dei requisiti: la finestra passa da 3 a 7 mesi (9 per i pubblici); l’assegno sarà calcolato integralmente col contributivo e, fino alla pensione ordinaria, non potrà superare 4 volte il minimo. Più ancora del 2023 si può prevedere che anche nel 2024 sceglierà Quota 103 meno della metà dei lavoratori stimati dal governo (17mila).
Il Corriere della Sera – Economia