L’obiettivo è quello di “far sì che il Ssn torni ad essere maggiormente attrattivo per i giovani. Fin dall’insediamento di questo Governo sono stati avviati confronti con tutti gli attori del sistema al fine di individuare misure quanto più possibili condivise, in particolare nei servizi più critici”. Così il sottosegretario Gemmato rispondendo all’interrogazione di Faraone (Iv).
“Sempre meno professionisti sono disposti a legarsi ad un’organizzazione con il classico contratto di lavoro a tempo indeterminato, preferendo forme di ingaggio atipiche o scegliendo di operare nel settore privato. Tutto ciò determina che sempre più frequentemente, per garantire la funzionalità minima dei servizi, le aziende del Ssn ricorrono a forme diverse di esternalizzazione. Vi è pertanto la consapevolezza della necessità di agire in maniera strutturale, sia assicurando le opportune risorse al sistema, sia migliorando l’organizzazione dei servizi per far sì che il Ssn torni ad essere maggiormente attrattivo per i giovani”.
Così il sottosegretario alla Salute, Marcello Gemmato, ha risposto ieri in Commissione Affari Sociali alla Camera all’interrogazione sul tema presentata da Davide Faraone (Iv).
Di seguito la risposta integrale del sottosegretario Gemmato.
“È noto che il reiterarsi nel tempo delle diverse misure di contenimento della spesa, ed in particolare dei vincoli assunzionali, ha determinato negli ultimi anni una significativa riduzione del personale del Servizio sanitario nazionale, con conseguenti gravi difficoltà nell’organizzazione e nella gestione dei servizi sanitari.
Le predette misure sono state poi prorogate anche dopo la cessazione dello stato di emergenza per fronteggiare il persistere delle difficoltà registrate su tutto il territorio nazionale ed in particolare in alcuni settori maggiormente critici.
Per quanto riguarda, poi, la situazione anagrafica dei professionisti sanitari ricordo che i medici iscritti all’albo di età inferiore a 75 anni sono circa 380.000 (fonte ENPAM). Di questi oltre il 40 per cento ha un’età maggiore o uguale a 60 anni. La «gobba pensionistica» pertanto per i medici appare in via di prossimo esaurimento.
Per quel che riguarda invece gli infermieri iscritti all’albo (con esclusione degli infermieri pediatrici) quelli con età inferiore a 75 anni sono 445.0000 (fonte FNOPI). Di questi circa un terzo ha un’età compresa tra i 50 ed i 59 anni. Si tratta pertanto di professionisti per i quali nei prossimi anni si assisterà ad una imponente uscita dal mercato del lavoro.
Il Ministero della salute, con l’obiettivo di assicurare al sistema un numero adeguato di professionisti, in questi anni è stato fortemente impegnato nella definizione di una specifica metodologia e di un modello previsionale ai fini della programmazione degli accessi ai corsi di laurea delle professioni sanitarie, sviluppati nel corso dell’iniziativa comunitaria «Joint Action on Health Workforce Planning and Forecasting» divenuta oggetto degli Accordi Stato Regioni del 9 giugno 2016 e del 25 maggio 2017.
In tale contesto il fabbisogno formativo di professionisti sanitari negli ultimi anni è aumentato significativamente per la quasi totalità delle figure professionali a livello nazionale.
Ciò non solo a causa dell’entità prevista dei futuri pensionamenti, ma soprattutto alla luce del trend evolutivo in atto, accelerato ulteriormente dalla situazione emergenziale legata alla pandemia da COVID-19, che vede alcune prestazioni e servizi sanitari in forte crescita in risposta alle aumentate necessità della popolazione attuale e futura.
L’incremento più evidente del fabbisogno formativo di professionisti sanitari espresso dalle regioni e dalle Federazioni concerne la professione di medico chirurgo, il cui fabbisogno formativo è più che raddoppiato negli ultimi anni accademici, passando da 8.700 unità dell’anno accademico 2017/2018 a 18.133 unità riferite all’anno accademico 2023/2024.
Parallelamente anche il numero di posti disponibili per l’accesso ai corsi di laurea in medicina e chirurgia è cresciuto.
Anche il fabbisogno formativo di infermieri è aumentato di oltre 90 punti percentuali dall’anno accademico 2017/2018 all’anno accademico 2023/2024. Analogamente anche il numero di posti per le immatricolazioni ai rispettivi corsi di laurea delle professioni sanitarie, nei limiti della capacità formativa degli atenei, è cresciuto in misura importante. Tuttavia le domande di iscrizione ai corsi di laurea in infermieristica risultano in flessione rispetto al crescente numero di posti disponibili a causa della poca attrattività verso la professione.
Anche sul fronte della formazione dei medici specialisti il Ministero della salute, già in tempi antecedenti all’emergenza COVID-19, nell’ottica di garantire un potenziamento strutturale nel medio-lungo periodo delle risorse umane del SSN, nonché il necessario prosieguo del percorso formativo dei neo-laureati in medicina e chirurgia – e nella consapevolezza delle carenze legate all’approssimarsi della «gobba pensionistica» dei medici nell’ambito delle strutture del SSN – ha posto in essere una serie di azioni considerate di valore strategico, tra le quali numerosi interventi volti all’incremento delle risorse finanziarie destinate ai contratti statali per l’accesso alle scuole di formazione medico specialistica che hanno consentito nel tempo di soddisfare l’intero fabbisogno formativo definito dalle regioni e di riassorbire il cosiddetto imbuto formativo che rappresenta ormai una criticità superata.
In merito ai crescenti fabbisogni espressi dalle regioni ai fini della definizione degli accessi ai corsi di laurea dei professionisti sanitari, ai quali è corrisposto nel tempo un incremento dell’offerta formativa, occorre evidenziare che non esistono dati a livello regionale sulla «carenza di personale». La distribuzione del personale e le figure necessarie, infatti, a ciascun sistema regionale, dipendono dai diversi modelli organizzativi delle regioni stesse, pertanto non esistono dei benchmark univoci.
Ritengo, invece opportuno sottolineare che la pandemia ha probabilmente contribuito, con il suo carico di stress e sgretolamento di certezze, a determinare l’accentuazione del fenomeno delle dimissioni per cause diverse dai pensionamenti e uno scarso appeal nei confronti del SSN. Inoltre sempre meno professionisti sono disposti a legarsi ad un’organizzazione con il classico contratto di lavoro a tempo indeterminato, preferendo forme di ingaggio atipiche o scegliendo di operare nel settore privato. Tutto ciò determina che sempre più frequentemente, per garantire la funzionalità minima dei servizi, le aziende del SSN ricorrono a forme diverse di esternalizzazione.
Vi è pertanto la consapevolezza della necessità di agire in maniera strutturale, sia assicurando le opportune risorse al sistema, sia migliorando l’organizzazione dei servizi per far sì che il SSN torni ad essere maggiormente attrattivo per i giovani.
Fin dall’insediamento di questo Governo sono stati avviati confronti con tutti gli attori del sistema al fine di individuare misure quanto più possibili condivise, in particolare nei servizi più critici.
Nello specifico con il decreto-legge n. 34 del 2023, convertito con legge n. 56 del 2023, sono state adottate le misure volte a facilitare il reclutamento strutturale di medici nel SSN. In tal senso è stata riconosciuta la possibilità a coloro che hanno maturato un congruo periodo di esperienza presso i servizi di emergenza urgenza di partecipare ai concorsi per l’accesso alla dirigenza medica del SSN, pur se privi di specializzazione.
E ancora, con il medesimo decreto-legge in un’ottica di maggiore attrattività del SSN, è stato consentito ai professionisti sanitari del comparto sanità di svolgere, al di fuori dell’orario di servizio, attività libero – professionale, rendendo meno rigido il vincolo di esclusività che lega gli operatori delle professioni sanitarie alle strutture. Al contempo sono state adottate misure volte a ridurre il ricorso ai cosiddetti medici gettonisti che nel tempo ha determinato un effetto distorsivo del sistema.
Concludo rappresentando che, sempre con l’intento di perseguire il superamento della carenza di personale del SSN, nell’ambito della manovra finanziaria 2024, specifiche risorse sono destinate ai professionisti impegnati nella riduzione dei tempi delle liste di attesa, al rinnovo dei contratti del comparto sanità, nonché al potenziamento dell’assistenza territoriale, anche con riferimento a nuove assunzioni di personale sanitario”.
Davide Faraone (Iv), replicando, rileva che la risposta denota una mancanza di consapevolezza rispetto alla gravità dell’emergenza rappresentata dalla carenza di personale sanitario. Riconoscendo validità ad alcune delle misure in essa contenute per quanto riguarda la programmazione sul lungo periodo, ribadisce che sono necessari interventi immediati per affrontare la situazione esistente. Reputa particolarmente grave il fatto che nella risposta si riconosca in maniera esplicita la mancanza di dati a livello regionale sulle carenze di personale sanitario, elemento che rende difficile interpretare la portata dell’attuale situazione di criticità.?Invita, quindi, il sottosegretario Gemmato a recarsi di persona nelle strutture ospedaliere, senza avvalersi dell’intermediazione dei dirigenti sanitari, per toccare con mano l’estrema gravità della situazione attuale, a partire dalla condizione inaccettabile in cui si trovano molte strutture di pronto soccorso. In conclusione, ribadisce che il suo gruppo continuerà ad esercitare una funzione di stimolo per adottare tutte le misure necessarie.
07 dicembre 2023