La Stampa. «Stiamo chiudendo i contratti della vecchia tornata, recuperando un ritardo notevole che ho ereditato, ed ora con 7,3 miliardi messi in manovra partiremo subito coi rinnovi del 2022-2204» assicura il ministro della Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo, che punta a garantire aumenti media compresi tra 170 e 190 euro mentre annuncia che già a dicembre tutti gli statali riceveranno una indennità di vacanza contrattuale che in media varrà 900 euro a dipendente. Cambieranno anche le «pagelle», il metodo per valutare i risultati dei dipendenti, verranno «misurate» le performance individuali e quelle di gruppo ed in prospettiva poi gli impiegati potranno esprimere le loro valutazioni sui dirigenti ed anche gli utenti avranno voce in capitolo. E poi «basta coi premi tutti uguali erogati a pioggia» assicura il titolare della Pa.
Ministro, i sindacati continuano a sollecitare il rinnovo dei contratti anche nella Pa. A che punto siamo?
«Io sono arrivato a ottobre dell’anno scorso e mi sono trovato una pubblica amministrazione dove 2,4 milioni di dipendenti non avevano ancora rinnovato i contratti riferiti al 2019-2021. Come prima cosa mi son dedicato a chiudere tutti questi accordi. Giunti a questo punto ne manca uno solo, quello dei dirigenti degli enti locali che stiamo definendo in questi giorni, e con questo abbiamo chiuso la vecchia tornata che ho ricevuto con un grave ritardo».
Ritardo dovuto a cosa: i passati governi non avevano stanziato abbastanza fondi?
«Per postare le risorse per i rinnovi 2019-2021 ci sono volute quattro leggi di bilancio».
E adesso cosa succede?
«Con la legge di Bilancio che approveremo entro fine anno su 24 miliardi di euro, nonostante il governo abbia puntato sul taglio del cuneo dando la priorità al sostegno delle fasce deboli, ben 8 sono dedicati alla Pubblica amministrazione e di questi 7,3 sono riservati ai rinnovi contrattuali: 5 per le amministrazioni statali e 2,3 per la sanità. Quindi, è vero che c’è un ritardo, perché siamo alla fine del 2023 e deve ancora partire la tornata riferita al 2022-2024, ma per la prima volta dopo moltissimi anni che non accadeva riusciamo a dare continuità al processo dei rinnovi visto che abbiamo già le risorse per procedere».
Per i sindacati i fondi sono troppo scarsi.
«Ho incontrato i sindacati ed ho ascoltato le loro ragioni: se dovessimo recuperare tutto il potere d’acquisto previsto applicando l’Ipca, l’indice dell’inflazione utilizzato di norma per calcolare gli aumenti contrattuali, di miliardi non ne basterebbero 30, non basterebbe un’intera manovra di bilancio. Bisogna fare i conti con la realtà e credo che questi 7,3 miliardi siano una somma veramente ingente considerato il contesto in cui è maturata la legge di bilancio. E comunque rispetto alla tornata 2019-2021, dove l’incremento medio dei contratti dei dipendenti pubblici è stato intorno al 4%, in questo modo noi arriveremo al 6%».
Tradotto in euro quale potrà essere l’aumento medio?
«Andremo dai 170-175 euro fino a 192-193, a seconda dei comparti. È chiaro che se vivessimo in un mondo perfetto servirebbero somme più ingenti, però su una manovra da 24 miliardi un terzo delle risorse è dedicato ai dipendenti pubblici. È tanto e infatti una parte del sindacato ce lo ha riconosciuto».
Col decreto Anticipi ci sono già delle risorse a disposizione quindi adesso ci sarà una un’indennità di vacanza contrattuale?
«Questa è l’altra cosa da sottolineare: con le buste paga del mese di dicembre daremo un anticipo dell’indennità di vacanza contrattuale per il comparto Stato che varrà per tutto il 2024. Per essere chiari si tratta di una cifra che è pari all’indennità di vacanza contrattuale pagata nel 2023 moltiplicata per 6,7. L’importo totale è intorno ai due miliardi e corrisponde in media a 900 euro per ogni dipendente» .
Lei ha appena firmato una nuova direttiva sulle premialità dei dipendenti. L’esperienza dice che sino ad oggi il più delle volte questi soldi erano distribuiti a pioggia.
«È vero. Ho raccontato anche ai sindacati che questa somma importante che abbiamo a disposizione la vorrei utilizzare nella maniera più opportuna possibile: dobbiamo introdurre in maniera significativa il valore del merito nella pubblica amministrazione, questo perché noi abbiamo bisogno sempre più di inserire tante persone nella Pa e dobbiamo essere più attrattivi soprattutto nei confronti dei giovani. Che oggi cercano un’organizzazione che consenta di dare loro competenze, la possibilità di entrare in ambienti che li fanno crescere e capaci di individuare e premiare i meritevoli. Per questo ho emanato una direttiva sulla performance con la quale introduco un concetto abbastanza rigoroso di premio del merito, proprio perché non è più pensabile continuare con la logica degli aumenti a pioggia».
Cosa prevede la direttiva?
«Proporrò al sindacato la definizione di meccanismi per misurare meglio le performance delle persone. I nostri dirigenti, che sono innanzitutto gestori del capitale umano, dovranno ispirare i loro piani meritocratico alla logica del merito».
Cosa cambia? I dirigenti non saranno più i soli a stilare le pagelle?
«Il ruolo dei dirigenti non cambia, perché la loro responsabilità non è soltanto quella di esprimere competenze tecniche, ma anche quella di gestire il capitale umano e valutare le persone. Dopodiché in prospettiva mi piacerebbe introdurre meccanismi che consentano di andare verso la valutazione a 360 gradi delle performance, come avviene nei paesi dell’Unione europea e dell’Ocse, che consente anche ai valutati di poter esprimere un giudizio sui valutatori, perché è giusto che ci sia questo scambio e ci sia la possibilità di capire come viene vissuta la figura del leader di una organizzazione. Dobbiamo andare verso un sistema di valutazione che consenta a tutti di potersi esprimere».
Anche agli utenti?
«Certamente. Io negli incontri che faccio coi dirigenti dico sempre che il risultato delle nostre attività deve essere percepito dai nostri utenti. Quando sono arrivato alla guida del ministero mi son fatto dare le statistiche sulla valutazione dei risultati della pubblica amministrazione: il 99,8% dei dipendenti pubblici sono valutati “eccellenti”. Siccome non mi pare che i cittadini e le imprese abbiano una percezione di eccellenza bisogna che cerchiamo di capire che cosa non sta funzionando. E certamente la voce del cliente è sempre rilevante». —