Il Messaggero. È una piccola rivoluzione. O forse grande. Dipenderà da come verrà assorbita dal corpaccione della burocrazia pubblica. Che tutto alla fine riesce a masticare e digerire. Ma il tentativo del ministro per la Pubblica amministrazione, Paolo Zangrillo, va registrato per la portata della novità. I dirigenti pubblici non saranno più valutati soltanto dai superiori gerarchici. Anche chi è alle loro dirette dipendenze potrà dire la sua. Potrà cioè valutare il proprio superiore. Lo farà in forma rigorosamente anonima, compilando un questionario che avrà lo scopo di verificare se l’operato del dirigente è orientato a valorizzare le attitudini del personale, a incentivarne la produttività e a garantire il benessere organizzativo. E il suo giudizio peserà sul voto finale, e dunque sui premi che spetteranno al dirigente.
Il succo, che è questo, è contenuto nella direttiva in materia di misurazione e valutazione della performance individuale, che Zangrillo sta per inviare a tutte le amministrazioni pubbliche e che ieri è stata esaminata dalla Conferenza Unificata della quale fanno parte Comuni e Regioni. In realtà, la valutazione dei propri dirigenti da parte dei dipendenti, è soltanto un tassello di una strategia più ampia, che vuole arrivare a quella «valutazione a 360 gradi», già adottata da moltissime grandi aziende.
IL SISTEMA
Un sistema in cui, in sostanza, tutti valutano tutti: i dirigenti i propri dipendenti, e viceversa. E anche gli utenti danno un voto ai servizi ricevuti. Anche questo secondo passaggio dovrà essere recepito nelle amministrazioni pubbliche. Gli utenti saranno chiamati a valutare la «performance» non del singolo dipendente, ma di tutto l’ufficio di cui questo fa parte. Potrebbe essere fatto direttamente (l’ex ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta aveva lanciato il sistema delle “faccine”), oppure a campione tra cittadini portatori di un interesse nei confronti di quel determinato ufficio. Se quella dei dipendenti è la “valutazione dal basso” e quella degli utenti darà un giudizio sui risultati di tutto l’ufficio, ci saranno anche altri due livelli di valutazione per i dirigenti. Il primo è quello tra «pari», il confronto con altri dirigenti con i quali si ha un rapporto costante e rilevante. E poi ci sarà la «valutazione collegiale», quella più gerarchica, di confronto con i direttori e i dirigenti apicali. C’è poi un altro punto qualificante del nuovo sistema di valutazione dei dirigenti della Pubblica amministrazione. Una delle “qualità” di cui si terrà maggiormente conto sarà la loro «capacità di leadership».
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IL PASSAGGIO
Questo tipo di valutazione ci sarà per tutti i dirigenti. Ma cosa significa esattamente “capacità di leadership”?. La direttiva lo spiega nel dettaglio. È la capacità di superare gli schemi consolidati, di conseguire i risultati e “far accadere le cose”. Agire velocemente, con tempestività e riconoscere la capacità di agire delle persone. E poi assumersi le proprie responsabilità e riuscire a riconoscere i talenti nei propri team.
La valutazione inoltre, spiega la direttiva, dovrà essere differenziata. Non tutti potranno avere il massimo dei voti. Anzi, dovrà essere indicato anche un punteggio al di sotto del quale la valutazione viene considerata “negativa”. Dall’altro lato andranno individuate le “eccellenze” a cui dare premi superiori, così come previsto dai contratti collettivi di lavoro. Ed infine dovranno essere previste anche altre forme di premialità di carattere non economico. Gli esempi sono molti, come assegnare ai più meritevoli dei percorsi formativi di alta qualità o attività di coaching. O riconoscimenti a livello reputazionale, come quello di «miglior dipendente del mese». Le amministrazioni, insomma, dovranno fare in modo di individuare i «soggetti meritevoli» in modo da assegnare «premi che tengano effettivamente conto del merito e dei risultati ottenuti». E questa sì che sarebbe una rivoluzione nel pubblico impiego.