Da 84,7 a 73,9 grammi per Pcu (unità di correzione della popolazione), per un calo quantificabile in 12,7 punti percentuali. A tanto ammonta la flessione registrata nella vendita di antibiotici destinati all’uso veterinario in 31 Paesi europei, tra il 2022 e il 2021.
Il dato medio – tiene conto di tutti i farmaci destinati all’uso negli animali da allevamento: con penicilline, tetracicline e sulfamidici che pesano per due terzi del totale degli antibiotici venduti – è il più basso registrato dal 2011.
Segno che, per dirla con le considerazioni espresse dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema) a margine della pubblicazione del Rapporto sulla sorveglianza del consumo degli antibiotici veterinari (Esvac), “gli sforzi compiuti sia a livello nazionale sia di Unione Europea per ridurre l’uso complessivo di antimicrobici negli animali destinati alla produzione alimentare hanno avuto successo nella maggior parte dei Paesi”.
Tredici anni di rapporto Esvac
Nel dettaglio il dato complessivo risulta calato del 53 per cento, tra il 2011 e il 2022. Tuttavia però – si legge nel dossier – “il ritmo di questo trend decrescente ha subìto un rallentamento rispetto al 2017”. Mentre gli sforzi in questo senso “devono essere mantenuti e rafforzati affinché l’obiettivo della strategia Farm to Fork sulle vendite di antimicrobici veterinari venga raggiunto entro il 2030”.
L’Ema ha iniziato a monitorare la vendita di antibiotici destinati agli animali allevati per uso alimentare dal 2009, con l’obiettivo di circoscrivere l’entità di una delle voci che negli ultimi decenni ha contribuito a incrementare il fenomeno dell’antibioticoresistenza.
Superate le difficoltà iniziali, il lavoro dell’Agenzia è stato condiviso anche dagli Stati membri. Prova ne è il fatto che questi ultimi sono passati da 9 a 31, in 13 anni.
Dal 2025 monitorati anche dai dati di consumo
Di conseguenza è aumentata anche la capillarità della rilevazione, a partire dall’Italia. Oltre alla sensibilizzazione sull’impatto delle scelte che ogni nazione può compiere (vanno in questo senso le recenti linee guida diffuse dal ministero della Salute) per ridurre la portata di un fenomeno che “rischia di provocare più morti del cancro”, come dichiarato da Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa).
Quello appena diffuso è l’ultimo rapporto contenente i dati di sola vendita, dal momento che il progetto Esvac si concluderà alla fine di quest’anno. Non però le rilevazioni, entrate ormai a far parte degli obblighi previsti dall’Unione per tutti gli Stati membri. Così come gli obblighi legati alla riduzione d’uso, in seguito all’entrata in vigore del regolamento 1255 del 2022.
Per questo, a partire dal 2025 (il primo rapporto conterrà i dati realtivi al 2023 e al 2024), i rapporti conteranno informazioni sia sulle vendite sia sull’utilizzo di antibiotici negli allevamenti.
Oscillazioni ancora troppo ampie tra i singoli Stati
Venendo ai contenuti del dossier, nel 2022 le vendite degli antibiotici più diffusi nella medicina veterinaria (e di maggior impatto nel generare il fenomeno della resistenza nell’uso umano) sono calate in maniera significativa.
Lo dimostrano le flessioni riguardante le cefalosporine di terza e quarta generazione (-49 per cento), delle polimicine (-81 per cento) e dei fluorochinoloni (-25 per cento). In generale, però, le oscillazioni tra i singoli Stati risultano ancora particolarmente significative.
Quanto alle formule farmaceutiche, si segnala un incremento soltanto degli antibiotici assunti per via orale. In flessione invece i dati relativi a tutti gli altri medicinali (polveri orali, premiscele, iniettabili, intrauterini, intramammari e boli).