(di Milena Gabanelli e Simona Ravizza – corriere.it) – Se mancano i medici è impensabile fare funzionare gli ospedali e garantire visite ed esami in tempi decenti. Agli errori di programmazione del passato dove non è stato formato un numero di specialisti sufficiente per sostituire chi va in pensione e dove sono state fatte scelte politiche assurde che scontiamo ancora adesso, come il blocco del turn-over, si aggiunge uno dei grandi problemi di oggi: lo scarso appeal della professione medica. Una questione che viene spesso collegata anche allo stipendio. Contratti alla mano vediamo, allora, quanto guadagnano davvero i 110 mila medici che lavorano a tempo indeterminato negli ospedali pubblici, e cosa cambierà dal 2024.
I CONTRATTI
Un primario di area chirurgica con incarico da oltre 25 anni prende 8.324 euro lordi al mese (per 13 mensilità); un medico con oltre i 15 anni d’anzianità 6.449 euro; un medico tra i 5 e i 15 anni d’anzianità 6.088; chi ha meno di 5 anni d’anzianità 4.495. A parità di potere di acquisto, è il 70% in meno dei colleghi tedeschi, il 41% in meno dei britannici e l’8% in meno dei francesi (qui i dati Ocse, alla voce «Remunerazione degli specialisti, PPA per consumi privati»).
GLI AUMENTI
Dopo infinite polemiche e mesi di trattative, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche amministrazioni che tratta per lo Stato (Aran) e le sigle sindacali a fine settembre hanno firmato il nuovo contratto collettivo nazionale che sta completando il suo iter burocratico (qui). Da gennaio o febbraio 2024, dunque, la busta paga di chi lavora avrà degli aumenti che riguardano 4 voci e complessivamente valgono quasi 2,4 miliardi di euro. Eccoli:
1) lo stipendio tabellare è la parte fissa uguale per tutti i medici a prescindere da posizione e anzianità: più 135 euro lordi al mese (per 13 mensilità);
2) l’indennità di specificità medica viene data per il fatto di «essere medico»: più 76 euro lordi al mese (per 13 mensilità) per i primari e 52 per tutti gli altri;
3) la retribuzione di posizione legata al ruolo ricoperto: più 41,50 euro per i primari; 28,80 euro per chi ha oltre 5 anni di anzianità; e 9,20 euro per chi non li ha ancora;
4) l’indennità per chi è a capo di una struttura complessa (primari): più 23,60 euro.
Risultato: i primari vedono un aumento in busta paga di 276 euro lordi al mese (per 13 mensilità) pari al 3,3%, i medici oltre i 5 anni di 216,60 pari al 3,5%, e quelli con meno di 5 anni 197 euro pari al 4,4%. A queste voci vanno poi ad aggiungersi guardie, festivi e pronta disponibilità che possono valere intorno ai 200 euro lordi mensili. E a valere dal 2022, ai dirigenti medici operanti nei servizi di Pronto soccorso, compete un’indennità di 12 euro lordi per ogni turno di dodici ore di effettiva presenza in servizio.
I DUBBI
Basteranno questi aumenti a motivare e a trattenere chi è già in corsia, vista la carenza di personale? E basteranno questi aumenti a sistemare le voragini in alcuni reparti cruciali ma dove nessuno vuol più andare? Dei posti banditi per il 2023 nelle Scuole di specialità sono rimasti vuoti l’87% di quelli di Radioterapia, l’85% di quelli per Patologia clinica e Biochimica clinica (dove s’impara, per intendersi, a fare le analisi di laboratorio), e il 74% di Medicina d’emergenza-urgenza. Al contrario sono tutti occupati i posti per Chirurgia plastica e ricostruttiva, Dermatologia e Oftalmologia, specialità super-gettonate perché danno facilmente accesso all’attività a pagamento.
LE REGOLE DEL GIOCO
Dopo il sacrosanto aumento di stipendio ai medici ospedalieri, le questioni di fondo restano tali e quali. Le regole del gioco definite nel 1996 dall’allora ministro alla Salute Rosy Bindi sono queste: io Stato non sono in grado di pagarti quanto dovrei e, allora, ti consento di svolgere fuori dalle 38 ore settimanali una parte dell’attività in libera professione dentro all’ospedale o in un ambulatorio collegato (qui). Hanno scelto questa strada in 44.791. Il loro guadagno in media è di 20 mila euro in più all’anno, nella realtà c’è chi incassa meno e chi raddoppia, triplica lo stipendio. Di certo non saranno gli aumenti che scatteranno dal 2024 a spingerli a rinunciare alla libera professione: gli stessi soldi li portano a casa con una o due visite private al mese.
La seconda possibilità che la legge Bindi dà ai medici ospedalieri è quella di rinunciare al vincolo di esclusiva per poter lavorare a pagamento, sempre fuori dall’orario di lavoro, nelle strutture private. Nel 2022 hanno preso questa decisione in 4.134. Il vincolo di esclusiva per un primario vale 1.804 euro al mese, per chi ha oltre 5 anni di anzianità dai 1.000 ai 1.353, e per quelli sotto i 5 anni 246 euro: quello che perdono rinunciandoci lo incassano con meno di dieci visite. E, anche in questo caso, non saranno certo i 200 e rotti euro lordi in più al mese a tenerli di più in corsia. Morale: finché permangono queste regole, per le liste d’attesa non c’è speranza.
IN FUGA
Ci sono poi i 61.055 medici che non fanno nessuna attività a pagamento, stravolti da turni massacranti e straordinari, sempre più tentati di abbandonare il pubblico o di ritornarci da medici-gettonisti, non più dipendenti, ma pagati per i turni che svolgono. Dai casi di cronaca la scelta appare sempre più frequente (nonostante il ministro della Salute Orazio Schillaci abbia tentato di porci un freno, con il divieto per chi interrompe volontariamente il rapporto di lavoro da dipendente di una struttura sanitaria pubblica di chiedere successivamente la ricostituzione del rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale qui). Un medico ospedaliero assunto da più di 15 anni guadagna in media 52 euro lordi all’ora, per 6 ore e 20 minuti al giorno da contratto (che però vengono sempre superate) per 267 giorni l’anno. Il calcolo tiene conto di un giorno di riposo settimanale, 36 di ferie e 10 di festività. Gli stessi soldi un medico a gettone li guadagna facendo 84 turni da 12 ore, poiché la paga oraria minima in Ps e in Anestesia è di 87 euro lordi. Certo, a suo carico il gettonista ha ferie e malattia, ma c’è chi arriva a cumulare anche 20 turni al mese con uno stipendio che cresce esponenzialmente (vedi Dataroom del gennaio 2023 qui).
UMILIATI PER POCHE CENTINAIA DI EURO
Non bastano, poi, questi aumenti in busta paga a risollevare dalla frustrazione medici che si vedono costretti a subire delle ingiustizie. Emblematico a tal riguardo è il caso dell’ospedale Niguarda, uno dei più importanti di Milano: i voti delle pagelle sulle capacità professionali dei medici, a cui sono legate poche centinaia di euro come parte variabile della retribuzione, vengono abbassati perché non ci sono abbastanza soldi nelle casse aziendali per pagarli secondo le reali competenze.
PIÙ OPERI, PIÙ GUADAGNI
Per chi si stanca di lavorare nel pubblico, stanno diventando sempre più attrattivi gli ospedali privati accreditati o il privato puro. Per i medici dipendenti che lavorano in queste strutture gli stipendi sono più bassi in media del 20-30%. Ma qui una delle forme di ingaggio più diffuse è il pagamento in percentuale alle prestazioni effettuate: il 15% della tariffa di un intervento chirurgico che viene divisa tra l’équipe medica generalmente di 3 persone; il 30-40% delle tariffe di rimborso degli esami diagnostici e il 65% delle visite ambulatoriali. Più ne fai, più guadagni.
dataroom@corriere.it