Il provvedimento caro alla destra rischia di porsi in contrasto con il diritto internazionale e le regole europee Il testo è sotto osservazione al Colle. In Ue non c’è ancora l’autorizzazione a produrre cibi da colture cellulari
Per la destra è una battaglia identitaria, una bandiera del nazionalismo gastronomico. “No alla carne sintetica”, proclamano da mesi con scelta lessicale spregiativa rispetto al più neutro “carne coltivata”. Il traguardo è vicino: il divieto di produzione e vendita diventerà legge in settimana, con il voto finale della Camera. Un testo di soli sette articoli, firmato dai ministri Francesco Lollobrigida e Orazio Schillaci, proibirà di produrre, consumare e mettere in commercio cibi e mangimi generati a partire da colture cellulari. Primo Paese al mondo, l’Italia, a far scattare il blocco assoluto, ancor prima che qualcuno in Ue avvii la produzione, prima che l’Unione europea l’autorizzi. Il governo Meloni stabilirebbe un primato a dire il vero fragile, dal momento che le norme la esporrebbero a una procedura d’infrazione a Bruxelles. Ma ha deciso di andare avanti lo stesso. Nonostante i dubbi di compatibilità con le regole europee, dubbi oggetto di una valutazione del Quirinale.
Sergio Mattarella non ha ancora esaminato il testo, spiegano dal Colle. Lo farà dopo il via libera definitivo del Parlamento, quando sarà chiamato a promulgare la legge. Ma una riflessione è in corso da parte degli uffici giuridici della presidenza della Repubblica. Quale il problema? Che il provvedimento tanto caro alla destra rischia di porsi in contrasto con il diritto internazionale e le regole europee. Il governo lo sa, ma si è rifiutato di inserire nel ddl un richiamo esplicito alla prevalenza degli obblighi derivanti per l’Italia dall’appartenenza all’Ue. Il richiamo è implicito, sostengono gli uffici legislativi dell’esecutivo. Avanti tutta, dunque: le norme approvate a luglio al Senato sono state blindate alla Camera, con la bocciatura di tutti gli emendamenti in commissione. Ma le criticità restano. Tanto evidenti da esporre il provvedimento al rischio di una bocciatura del Quirinale, che potrebbe tradursi nella promulgazione accompagnata da una lettera con i rilievi del Colle o addirittura nella mancata firma del testo, con il rinvio in Parlamento. Un atto, quest’ultimo, che ha un solo precedente con Mattarella, nel 2017, quando rispedì alle Camere una legge sulle mine anti-uomo. In altri sei casi, l’ultimo a febbraio con il decreto Milleproroghe, il presidente ha accompagnato la promulgazione della legge con una lettera contenenterilievi o la corretta interpretazione delle norme. Può succedere anche stavolta, a meno di correzioni in extremis che ad oggi il governo non sembra intenzionato a considerare.
Sugli scudi, con Lollobrigida che ha intestato a FdI questa battaglia, c’è anche la Lega. «Il timore di una procedura di infrazione non è sufficiente per limitare il diritto alla salute rispetto ad un prodotto coltivato artificialmente, su cui tanti interessi economici fanno campagne di pubblicità, per sostituire l’agricoltura e l’allevamento tradizionale», dichiara Mirco Carloni, deputato leghista e relatore a Montecitorio del ddl. La tutela della carne made in Italy, ecco il vessillo. Il ministro dell’Agricoltura si appella al principio di precauzione garantito da un regolamento Ue: si può bloccare la messa in commercio di un alimento se rischia di produrre danni per la salute. Ma più che una precauzione è «un divieto a prescindere», secondo la senatrice a vita Elena Cattaneo. Perché nessuno ancora ha chiesto all’Ue l’autorizzazione a produrre cibi destinati agli uomini a partire da colture cellulari. E se il via libera arrivasse, il divieto italiano sarebbe «inutile», perché limiterebbe il mercato unico europeo. Di più. Il ddl Lollobrigida è «preoccupante» per la democrazia perché alimenta «fantasie di pericolo» per legge e avrebbel’effetto di scoraggiare la ricerca in quel campo in Italia.
Cattaneo ieri ha partecipato a una conferenza stampa con Emma Bonino e i deputati di +Europa Riccardo Magi e Benedetto Della Vedova, che hanno depositato una pregiudiziale di costituzionalità sul ddl in Aula. Il testo, facendo gli interessi della corporazione rappresentata da Coldiretti, sostengono Magi e Della Vedova, «si pone in contrasto con il principio di iniziativa economica privata che è tutelato dall’articolo 41 della Costituzione», oltre che con le regole europee, di qui una probabile procedura d’infrazione. Le speranze che la pregiudiziale passi e il ddl venga affossato, però, sono nulle. La destra blinda la misura. A costo di esporsi a «una figuraccia» internazionale, sostiene dal Pd Stefano Vaccari, e di «favorire l’importazione» a discapito del made in Italy,a partire dalla ricerca. Ma i dem nel voto finale sul ddl si asterranno, come già al Senato. La difesa dei cibi da colture cellulari non è poi così popolare.