Repubblica. Il governo è pronto ad abbassare le stime del Pil per quest’anno. «Una correzione contenuta e dall’impatto trascurabile sul 2024», assicura il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, in audizione al Senato sulla manovra. Probabilmente un decimo in meno, dallo 0,8% previsto a settembre allo 0,7%. Le nubi però non si diradano. E venerdì arriva il rating di Moody’s che potrebbe spingere i titoli del debito italiano in zona “spazzatura”.
«Il Pil non si espande da un anno », certifica Lilia Cavallari, presidente dell’Ufficio parlamentare di bilancio, sempre in audizione. «E sono decisamente aumentati i rischi al ribasso per l’anno prossimo». La crescita dell’ 1,2%, confermata dall’esecutivo e ormai considerata da molti previsori fuori portata, è ancora «raggiungibile » per l’Upb. A patto di correre con gli investimenti del Pnrr. E qui la doccia fredda: la spinta alla crescita del Piano c’è, ma scende «tra 2,3 e 2,6 punti di Pil al 2026», dal 3,4% del governo Meloni già ritoccato rispetto al 3,2% di Draghi.
Italia dunque in ritardo sugli investimenti, unico volano alla crescita. E che si affida a una manovra fatta in deficit, con «interventi temporanei e frammentati», secondo «un’ottica di breve periodo », dice ancora l’Upb. Nel mirino il doppio taglio al cuneo e all’Irpef che beneficia soprattutto le famiglie, gli operai più degli impiegati, con un vantaggio medio del 3,4%.
I due tagli insieme valgono 15 miliardi, ma sono in vigore solo nel 2024. Tra l’altro il taglio al cuneo contributivo nasconde «trappole della povertà», segnala l’Upb: il lavoratore perde lo sconto superando anche di poco la soglia. «Basta un euro in più sopra i 35 mila di reddito e si perdono 1.100 euro di beneficio annuo». Così si disincentivano straordinari e rinnovi dei contratti collettivi scaduti.
«La manovra è conforme alle raccomandazioni Ue, austera ma per due terzi dedicata ai redditi medio-bassi», si difende il ministro Giorgetti. «Lo sciopero dei sindacati è legittimo, ma abbiamo messo tutte le risorse disponibili per lavoratori dipendenti e famiglie ». Quanto al capitolo pensioni, il titolare dell’Economia rivendica il pacchetto in manovra e sfida quanti accusano il governo di aver peggiorato la legge Fornero: «Forse non l’hanno letta, quella legge. Confermiamo tutte le uscite flessibili. E impediamo che siano solo i ricchi ad accedere alla pensione di vecchiaia contributiva. Sui medici un problema c’è, vedremo come dare una risposta». Il problema – ovvero il taglio dei rendimenti pensionistici degli anni retributivi (dal 1981 al 1995) a quattro categorie di dipendenti pubblici tra cui i medici – per l’Upb vale un risparmio cumulato per lo Stato di 32,9 miliardi lordi. Ovvero 21,4 miliardi netti, tra 2024 e 2043, allorquando la spesa pensionistica sarà al suo «picco» pari al 17,2% del Pil. L’Upb non giudica negativamente l’intervento, come pure la stretta a tutte le uscite flessibili: Quota 103, Ape sociale, Opzione donnae anche la pensione anticipata dei Millennials. Anzi vede «un cambiamento di visione, rispetto agli ultimi anni». Vers o una maggiore sostenibilità ed equità intergenerazionale del sistema previdenziale. Nei prossimi dieci anni intanto, avverte Inps, un terzo dei dipendenti pubblici andrà in pensione: 1,35 milioni sui 3,7 milioni oggi in servizio.
Upb vede invece criticità nei fondi stanziati per la sanità, «riportati al livello del 2019» e che potrebbe non coprire tutte le spese. Lo riconosce anche Giorgetti: «È una priorità del governo».