Il Sole 24 Ore. Il Comitato per la definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni, cioè gli standard minimi dei servizi pubblici da garantire in tutta Italia, «propende per una nozione di Lep “prestazionale” (da intendersi quali obblighi di dare, di fare e di astenersi che riguardano i pubblici poteri) e obbligatoria, che in quanto tale impatta sui conti pubblici, assumendo necessariamente una dimensione finanziaria, di sicura rilevanza».
Lo si legge a pagina 28 della ricca e articolata relazione appena consegnata al ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli da Sabino Cassese, che ha coordinato il complicato lavoro del Comitato chiamato a costruire la griglia degli standard di servizio indispensabili ad attuare l’autonomia differenziata. L’affermazione può risultare scontata agli addetti ai lavori, oscura a chi invece fatica ad addentrarsi in un dibattito dall’apparenza troppo teorica, ma è in realtà cruciale perché, in una traduzione sintetica ma vicina alla realtà, indica che i Lep costano, e nemmeno poco.
Riassunto delle puntate precedenti, necessario a cogliere in fretta il cuore della questione. L’accordo politico trovato nella maggioranza fra la Lega tifosa dell’autonomia e Fratelli d’Italia assai più fredda sul decentramento ha subordinato il trasferimento delle materie aggiuntive alle Regioni che le richiedono all’individuazione dei Livelli essenziali delle prestazioni almeno per le funzioni legate ai “diritti civili e sociali” tutelati dalla Costituzione. In pratica, prima si definisce il livello minimo di servizio da garantire (un esempio per capirsi: il numero di asili nido o di assistenze domiciliari in rapporto alla popolazione interessata), e poi ci si accorda con la Regione per trasferire la competenza in un quadro che fra tributi propri e compartecipazioni assicuri che quel livello di servizio sia finanziato.
Ma tutto questo può costare? Il disegno di legge sull’autonomia, ancora all’esame della commissione Affari costituzionali del Senato, contempla l’ipotesi, e spiega che gli eventuali costi aggiuntivi andranno coperti da stanziamenti «coerenti con gli obiettivi programmati di finanza pubblica»: quindi senza extradeficit, ma con aumenti di entrata o tagli di altre spese.
Fin qui la teoria, ma la pratica dipende appunto dalla definizione puntuale dei Lep. In una dimensione finanziaria che, avverte la relazione, può essere «verificata e misurata anche al di fuori del lavoro del Comitato, dovendo essere oggetto di apprezzamento sul piano politico anche in considerazione dei vincoli di bilancio». Il Comitato Cassese insomma fa il massimo possibile sul piano tecnico, in una ricognizione dei Lep esistenti (espliciti o meno)?che per essere completa guarderà anche fuori dalle materie traslocabili nelle Regioni secondo l’articolo 116 della Costituzione. Ma poi toccherà alla politica.