Taglio delle pensioni, centinaia di medici verso l’addio anticipato: «Governo ci ripensi». Rivolta in Veneto contro la manovra finanziaria: «Mortificata la professione, perderemo migliaia di euro all’anno»
È un articolo molto tecnico, quel 34 comma 1 della manovra finanziaria prossima ventura. Che recita testualmente: «Adeguamento aliquote rendimento gestioni previdenziali». Ma il suo contenuto può tradursi sostanzialmente così: a partire dal primo gennaio 2024 alcune categorie di dipendenti pubblici (sanitari, dipendenti di enti locali, insegnanti di asilo e di scuole elementari parificate, ufficiali giudiziari, aiutanti ufficiali giudiziari e coadiutori) che andranno in pensione si troveranno un assegno decurtato. E non di poco.
Il provvedimento – comunque non ancora varato – riguarda chi lascerà il servizio con una quota di pensione retributiva inferiore ai 15 anni, ossia chi cominciato a lavorare tra il 1981 e il 1995. Che percepirà dai 4 ai 10 mila euro (e oltre: per taluni si toccheranno i 26 mila euro) all’anno in meno in base all’anzianità e al reddito. Una vera e propria stangata, insomma, che potrebbe innescare un effetto valanga: per evitare di subire almeno in parte le conseguenze dei tagli, infatti, migliaia di pensionandi potrebbero anticipare la quiescenza, rassegnandole dimissioni entro il 31 dicembre 2023. Cosa significa? Che alcuni settori già in crisi, come la sanità, subirebbero un esodo di professionisti. La federazione Cimo-Fesmed, che rappresenta oltre 14 mila medici, stima in 4-500 i dottori potenzialmente in uscita nel solo Veneto, con potenziali ripercussioni sui servizi. Senza contare infermieri e altri operatori sanitari. Solo a Verona, secondo la Uil-Fpl, i medici in uscita raggiungerebbero le 160 unità, una cinquantina quelli in servizio a Belluno, fra le aree più critiche del Veneto. Sempreché il governo non faccia un passo indietro, come ventilato dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon dopo l’esplosione delle proteste.
Ma l’allarme, intanto, è scattato e con esso una mobilitazione generale che sfocerà nello sciopero proclamato per venerdì 17 novembre. «Il punto – esclama Giovanni Leoni, vicepresidente nazionale dell’Ordine dei Medici e presidente di Cimo-Fesmed Veneto – è la premeditazione: quell’articolo è stato sicuramente concepito da mesi, ma ne siamo venuti a conoscenza soltanto oggi. Io stesso, che sarei dovuto andare in pensione l’anno prossimo ma avevo inoltrato la richiesta di restare in servizio fino ai 70 anni, sto facendo i miei calcoli. E con me centinaia di colleghi, compresi quelli ai quali lo stesso Luca Zaia ha chiesto di lavorare fino a 72 anni. Forse Regione e governo dovrebbero dialogare di più». Leoni si dice «amareggiato» del trattamento riservato alla categoria medica, «perché disorienta vedere cambiare in corsa le regole del gioco». E spiega, citando un rapporto realizzato con il Censis, come «ogni euro investito nella sanità genera quasi il doppio di ricavi per lo Stato, fra gettito fiscale, servizi, tasse dirette e indirette». «È il motivo per il quale Francia, Germania e Gran Bretagna investono molto più di noi. Non a caso tanti giovani medici italiani decidono emigrare: di questo passo – afferma Giovanni Leoni – l’Italia resterà appetibile solo per bravi professionisti di Paesi con retribuzioni più basse delle nostre, tipo Cuba».
Senza una marcia indietro del governo, in sostanza, rischieremmo un aggravamento del problema degli organici: «Nel 2018 la Regione certificava un fabbisogno di 1.300 dottori, oggi Zaia parla di 3.500 ma non calcola quanti ne andranno in pensione e quanti giovani, fra coloro che sono pronti ad entrare nel sistema, decideranno di lavorare all’estero. Specie sulla scorta di tagli come quelli annunciati, e che riguarderanno pure loro nel lungo periodo», conclude Giovanni Leoni.
Ed in Regione, in effetti, c’è preoccupazione: l’assessore alla Sanità Manuela Lanzarin, infatti, affronterà la questione nella prossima commissione Salute. Ma Ivan Bernini, segretario regionale della Fp-Cgil, attacca: «Zaia da tempo chiede ai medici di rimanere in servizio anche oltre l’età pensionabile, ma il governo, che appartiene allo stesso schieramento, con questa manovra gli ha dato uno schiaffo».
di Stefano Bensa – Il Corriere Veneto