Dopo la minaccia di uno sciopero generale della sanità l’apertura arriva dal sottosegretario al Lavoro in quota Lega, Claudio Durigon, che conferma quanto anticipato alla Stampa. «La norma inserita in manovra spinge i medici ad andare in pensione da subito. C’è la possibilità di correggerla», ha detto, specificando che anche se l’accordo nella maggioranza non prevede modifiche, qualcosa potrà essere ritoccato dallo stesso Governo sotto forma di maxi-emendamento. «A saldi invariati», ha specificato, «magari procedendo con maggiore gradualità per tutte le categorie interessate».
A non crederci molto è la Uil, che a proposito di maxi-emendamento parla di «ennesimo messaggio spot». Fatto è che per ora restano sulle spine 31.500 dipendenti pubblici: 27.100 degli enti locali, 3.800 medici e poi un manipolo di insegnanti elementari e delle materne, ufficiali giudiziari, infermieri e addetti delle camere di commercio, specifica la relazione tecnica alla manovra. Che non calcola però la spinta ad anticipare le uscite soprattutto dei medici, che secondo il loro sindacato Anaao sarebbero in 4mila a darsi alla fuga. Questo riferendosi alle possibili uscite nel prossimo anno. Perché a regime il meno vantaggioso ricalcolo delle pensioni interesserebbe una platea molto più ampia, pari a 700mila statali.
Ma non va molto meglio a chi volesse andare anticipatamente in pensione con “Quota 103”. Una opzione che secondo la relazione tecnica dovrebbe interessare una platea di 30mila lavoratori che potrebbero lasciare nel 2024. Anche se con il tempo il numero sarebbe destinato a salire. Se non fosse che in questo caso le penalizzazioni sono così pesanti da indurre probabilmente molti a rinunciare all’addio anticipato.
In questo caso, secondo le stime dello studio del tributarista Gianluca Timpone, con uno stipendio mensile di mille euro un lavoratore con 41 anni di contributi e 62 di età, con il calcolo sulla retribuzione oggi prende di pensione 8.741 euro l’anno, che con il meno vantaggioso metodo di calcolo contributivo si abbassa a 7.800 euro, con una perdita di 941 euro l’anno, 72,4 in meno di assegno mensile. Salendo a 2mila euro di media stipendiale negli ultimi 5 anni la pensione annua scende da 17.483 euro a 15.600, con una perdita di 1.883 euro, pari a 144,8 euro al mese. A quota 2.500 euro di retribuzione sugli attuali 21.854 euro di rendita pensionistica annuale se ne perdono 2.354, che significa vedere assottigliare l’assegno mensile di 181,1 euro. Con 3.500 euro di stipendio invece lo stralcio alla pensione anticipando l’uscita sale a 3.296 euro su base annua, 253 al mese. Tagli in odore di incostituzionalità secondo la Cgil. Pronta a scioperare insieme alla Uil.