La Stampa. Contro il taglio alle pensioni inferto dalla manovra i camici bianchi sono pronti a incrociare le braccia il tre dicembre, bloccando ospedali ed ambulatori. Ma più dello sciopero, a preoccupare è il fatto che la maggior parte dei nostri dottori ha già i capelli bianchi e molti di loro per evitare di perdere fino a un quarto dell’assegno saranno tentati di appendere anzitempo al chiodo il camice. Secondo l’Anaao-Assomed, il principale sindacato degli ospedalieri, a lasciare in anticipo per non cadere nella tagliola della manovra sarebbero in 4 mila, che sommati a quelli che già di loro dovevano andare in pensione porta il totale a ben 8 mila medici pensionati entro il prossimo anno. Una fuga che rischia di mettere a tappeto i nostri ospedali già a corto di professionisti.
Anche perché non è che le cose vadano meglio per gli infermieri. Questo perché per entrambi le pensioni sono erogate oramai dall’Inps. Va bene invece per i medici di famiglia, esclusi dal taglio perché a loro l’assegno lo stacca l’ente previdenziale Enpam che prima erogava a tutti i camici bianchi.
A spingere verso la porta così tanti ospedalieri è la norma della finanziaria 2024 che taglia la quota di pensione costruita con i contributi versati dal 1981 al 1996, con una progressione che, secondo i calcoli fatti sempre dall’Anaao, portano a una riduzione dell’assegno dal 5 fino al 25% del totale in rapporto a quanti sono gli anni di retributivo. «Taglio che colpisce anche altre categorie di lavoratori, ma che nella sanità è destinato a lasciare maggiormente il segno perché il sistema altre fughe anticipate non le reggerebbe», afferma Pierino Di Silverio, segretario nazionale dell’Anaao.
«Avevo fatto domanda per restare fino a 70 anni, ma ora penso di pensionarmi subito per evitare il taglio», ammette Gerardo Anastasio, 65 anni, cardiochirurgo dell’azienda ospedaliera universitaria pisana. Che, come tanti, due conti se li è già fatti «e ho scoperto che con le misure della manovra andrei a perdere tra i 350 e i 400 euro al mese», afferma. Per poi ammettere: «Ho sempre lavorato nel pubblico ma tornando indietro me ne andrei in Olanda o in Germania, dove a chi fa la mia professione vengono offerte migliori condizioni di lavoro e carriera oltre che retribuzioni molto più alte».
Ma a far arrabbiare i dottori sono anche altre disposizioni. La prima è l’anticipo di due anni dell’adeguamento della speranza di vita, che innalzerà i requisiti per andare in quiescenza a partire dal 2025.
Oltre a questo, lamentano i sindacati di categoria, la rivalutazione delle pensioni in essere non seguirà l’andamento dell’inflazione ma sarà notevolmente ridotta. Infine l’ultima mazzata: per i lavoratori che fanno parte del contributivo puro, cioè che non hanno contributi prima del 1996, viene rivista al rialzo la soglia economica per accedere alla pensione anticipata contributiva, che permette di andare in pensione 3 anni prima rispetto all’età prevista per la vecchiaia. D’ora in avanti sarà infatti necessario un assegno pensionistico di almeno 1.661 euro (prima era di 1.409 euro).
I sindacati annunciano una serie di ricorsi che «apriranno un contenzioso monstre con lo Stato», minaccia sempre De Silverio, riferendosi anche alla beffa di chi ha riscattato gli anni di laurea per poter vedere crescere il proprio assegno.
Fatte le somme una mazzata che rischia di vanificare gli aumenti promessi dalla stessa manovra con il prossimo rinnovo contrattuale di categoria. Che con 2,4 miliardi da spartire tra medici e altro personale sanitario non garantirà comunque il pieno recupero della super inflazione degli ultimi due anni. Tanto che, secondo sia l’Anaao che l’altro sindacato medico Cimo, il contratto 2022-24 «prevederà un’altra perdita del potere d’acquisto dei salari medici del 10%». Tutto questo, denunciano le organizzazioni di categoria, «mentre la sanità privata che non rinnova il contratto dei suoi medici da 18 anni viene premiata con un aumento dei contributi statali che va dai 280 milioni di euro a oltre un miliardo». —