Il Sole 24 Ore. A pagare il pegno della manovra nella quota lasciata scoperta dai 15,7 miliardi di extradeficit sono soprattutto gli assicuratori e i proprietari di immobili alle prese con i bonus casa, al centro di aumenti di tasse che sono rimasti ai margini del dibattito di questi giorni ma cumulano sull’anno prossimo oltre un miliardo di euro. Per broker e agenti assicurativi viene introdotta la ritenuta d’acconto al 23% sulle provvigioni, chiamata a portare 583 milioni nel 2024 e 783 milioni all’anno dal 2025, mentre l’aumento dall’8 all’11% dell’imposta sul bonifico parlante indispensabile per ottenere i crediti d’imposta sui lavori edilizi vale per il bilancio dello Stato 518 milioni nel 2024 e 622 milioni all’anno dal 2025. Altri 534 milioni di maggiori entrate fiscali sono poi messi a carico di imprese e altri contribuenti che hanno terreni o partecipazioni non qualificate in mercati regolamentati, oggetto anche questa volta di una rivalutazione che rappresenta una mossa sempreverde in ogni legge di bilancio.
In tutto, insomma, vale 2,2 miliardi il conto degli aumenti di tasse introdotti dal Governo per far quadrare i numeri della manovra. Sono cifre non marginali, e a consuntivo potrebbero anche salire perché alcune norme non sono cifrate: è il caso, ad esempio, della tassazione sulle plusvalenze realizzate da chi vende una casa oggetto di Superbonus negli ultimi dieci anni. Già così però il valore degli aumenti di entrata supera di slancio quello di temi caldissimi come la spending review dei ministeri, pur essendo riuscito a rimanere sottotraccia nel dibattito politico sviluppato dai partiti intorno al complesso cantiere della legge di bilancio.
Le polemiche nella maggioranza, chiuse dal vertice di lunedì che pure non ha portato novità sostanziali al testo della manovra, si sono occupate di altro. I pignoramenti veloci sui conti correnti degli evasori sopravvissuti ai mal di pancia della maggioranza anche grazie al fatto di essere stati ribattezzati «recuperi coattivi»; negli allegati tecnici depositati in Parlamento, dove però tornano a essere chiamati «pignoramenti», si calcola che la mossa antievasione comincerà a produrre i propri frutti dal 2025, quando porterà 222,4 milioni fra maggiore imposta, interessi, sanzioni e contributi previdenziali per salire poi a 444,8 milioni nel 2026. Ma la stima, spiega la relazione tecnica, è stata «ridotta prudenzialmente del 30%», perché se le modalità tecniche che saranno definite con decreto Mef nel confronto con il garante Privacy si riveleranno efficaci il contatore potrebbe salire molto di più. Nel 2025, poi, debutteranno anche gli incassi sulla compravendita di oro e altri metalli preziosi (196 milioni) e quelli sui trasferimenti del diritto di superficie (416 milioni) che quindi porteranno il complesso degli incrementi fiscali verso quota 3 miliardi.
In questa dinamica è quasi irrilevante l’aumento della cedolare al 26% che ha appassionato la politica e che colpirà chi destina agli affitti brevi più di un immobile. La misura produrrà 17,6 milioni di entrate dal 2025. Norma che ha superato anche l’esame di compatibilità dell’ufficio di presidenza del Senato, dove sono state stralciate la riforma delle donazioni e la banca dati antiriciclaggio; misure destinate a essere ripescate in altri provvedimenti.